25 luglio 1944: la Cosenza antifascista celebra i Fratelli Bandiera

Nel 1944 ricorreva il centenario della fucilazione dei Fratelli Bandiera e dei loro compagni. Nella città  di Cosenza stava riprendendo la vita democratica e fu naturale collegare il 25 luglio 1844, data che anticipò il Risorgimento, con il 25 luglio 1943, che con la caduta del fascismo diede il via ad una nuova fase di rinascita per la nazione. Le celebrazioni si tramutarono anche in una commemorazione di Donato Bendicenti, martire delle Fosse Ardeatine.
Pubblichiamo un intervento di Vincenzo Scirchio con un approfondimento su quelle celebrazioni del 25 luglio 1944:

di Vincenzo Scirchio

Nei mesi e anni immediatamente successivi alla liberazione di Cosenza (settembre 1943) Nicola Serra, presidente della Provincia, e Francesco Vaccaro, sindaco, sono stati non certo i soli ma senza dubbio i principali protagonisti della rinascita culturale della città . Principalmente a loro va infatti riconosciuto il merito di diverse iniziative risalenti a quel periodo. Per esempio, la fondazione di un “Circolo Culturale Città  di Cosenza” così come la promozione di alcuni corsi universitari cui avrebbe dovuto seguire l’istituzione di vere e proprie facoltà .

Nel giugno 1944, nell’imminenza del centenario della fucilazione dei fratelli Bandiera e dei loro compagni nel vallone di Rovito, i due promossero la costituzione di un “Comitato per la commemorazione dei martiri calabresi 1844-1849” e della pubblicazione di un “Bollettino della Società  di Storia Patria per le Calabrie”, i cui primi due numeri furono dedicati rispettivamente alla presentazione delle celebrazioni e al resoconto delle medesime.
Il Comitato era composto da Nicola Serra (presidente onorario – avvocato), Francesco Vaccaro (presidente effettivo – avvocato), Tomaso Perri (direttore – avvocato), Florindo Antoniozzi (cassiere – direttore generale della Cassa di Risparmio di Calabria), Ferdinando De Rose (segretario – discendente di don Beniamino De Rose, il prete che assistette i Bandiera e i loro compagni fino all’ultimo istante) e Mario Borretti (Organizzazione generale e redazione stampa – storico). Il Bollettino aveva Francesco Vaccaro come direttore responsabile, mentre la redazione era affidata a Tomaso Perri e a Mario Borretti.
Non dobbiamo qui soffermarci sugli avvenimenti cosentini del marzo e del luglio 1844, già  sufficientemente noti. Basterà  ricordare, in estrema sintesi, che il 15 marzo 1844 una folla di rivoltosi insorse contro il regime borbonico e tentò di assalire il Palazzo dell’Intendenza, ora sede della Provincia, ubicato sul Colle Vetere nella piazza ora denominata, appunto, XV Marzo, la stessa su cui affacciano il teatro Rendano e la sede dell’Accademia cosentina. Alcuni insorti rimasero uccisi sulla piazza (tra le vittime anche Vincenzo Galluppi, militare della guardia regia borbonica e figlio primogenito del celebre filosofo Pasquale). Altri furono arrestati e poi giustiziati nel vallone di Rovito l’11 luglio, nello stesso luogo in cui quattordici giorni dopo, il 25, furono fucilati anche i fratelli Bandiera e i loro compagni, richiamati a Cosenza dalle notizie dell’insurrezione del marzo precedente. La bibliografia su tali eventi risorgimentali è tanto vasta da rendere superfluo ogni riferimento. V’è però un aspetto che merita di essere messo in evidenza: i moti cosentini del marzo 1844 e la immediatamente successiva spedizione dei Bandiera furono tra i primi eventi risorgimentali, se non i primi in assoluto, in cui le rivendicazioni politiche non consistettero semplicemente nell’abbattimento di un regime o nella concessione di una costituzione liberale, ma furono esplicitamente rivolte all’unità  e all’indipendenza dell’Italia intera. Nel marzo come nel luglio 1844 il tricolore italiano era alla testa dei gruppi dei rivoltosi.
Il primo numero del Bollettino (Anno I N.1, giugno 1944) si apre con un breve saluto di Nicola Serra che sottolinea la rilevanza nazionale e risorgimentale dei due episodi; e prosegue con uno scritto in cui Francesco Vaccaro ricollega significativamente il 25 luglio 1844 al più recente 25 luglio, quello del 1943, il giorno della caduta della dittatura fascista, e ne segnala il comune carattere di rinascita di un popolo e di una Patria.
Il numero, che contiene articoli a firma di Tomaso Perri, Attilio Gallo Cristiani, Mario Borretti, Giacinto d’Ippolito, Gustavo Valente e Fernando De Rose, si chiude con la presentazione delle celebrazioni del centenario, che prevedevano per la giornata del 25 luglio una duplice commemorazione, antimeridiana nel vallone di Rovito e serale nella sala della Provincia, in piazza XV Marzo.
Il secondo numero del Bollettino contiene i testi dei discorsi ufficiali pronunciati da Nicola Serra, da Francesco Vaccaro, da Aniello Calcara, arcivescovo di Cosenza, e da Giuseppe Santoro, medico, umanista e massone, protagonista assoluto della vita culturale e civile della Cosenza dell’epoca. Segue il resoconto della “giornata particolare” a firma di Gabriele Pizzuti. Conviene partire da questo resoconto.
Il Comitato organizzatore aveva predisposto la cerimonia in ogni particolare ma, riferisce il Pizzuti, “mentre il corteo si snodava lungo le nostre vie vetuste, testimoni di tante lotte e di generosi slanci, mille episodi gentili sono fioriti dalla spontanea sensibilità  del popolo; ed essi appunto hanno conferito il vero carattere alla celebrazione, che è stata ad un tempo intima e plebiscitaria, affettuosa – si potrebbe dire familiare – e solenne”. Ci fu dunque una intensa e sentita partecipazione di popolo al seguito della bandiera tricolore, proprio quella che nel marzo 1844 fu fatta sventolare dinnanzi al Palazzo dell’Intendenza. Il corteo, alla testa del quale erano il presidente della Provincia, Nicola Serra, e il sindaco Francesco Vaccaro, si mosse dalla piazza XV Marzo alle ore 9 e si avviò per il corso Telesio, accrescendosi sempre più di nuova folla. Molti grammofoni diffondevano le note degli inni di Mameli e di Garibaldi. Le finestre delle case erano tutte imbandierate con il tricolore. Dalla piazza Piccola il corteo si diresse verso il ponte S. Francesco per imboccare la via Giuseppe Marini Serra e passare sotto la casa ove abitò don Beniamino De Rose, il prete che assistette i fratelli Bandiera e i loro compagni nelle ultime ore di vita e che ne raccolse le ultime volontà . Da un balcone di questa casa si affacciò il prof. Giuseppe Santoro per pronunciare il suo discorso, nel quale rievocò ovviamente la figura del prete e i suoi meriti, tra i quali anche quello di aver saputo custodire i resti mortali dei martiri, ma ricordò agli astanti che nel prosieguo il corteo, prima di giungere al Vallone di Rovito, avrebbe attraversato altri luoghi legati ad altre figure di martiri cosentini che sacrificarono la loro vita per la Patria. Infatti poco più avanti v’era la casa “donde partì Raffaele Aragona, che immolò la sua vita nel cielo di Tobruk” e nello stesso quartiere “è forse il fantasma invendicato di Paolo Cappello, trucidato dal piombo fascista”. E più avanti era ubicata la casa in cui viveva Donato Bendicenti “che qualche mese fa, cantando con più di trecento compagni l’Inno di Mameli, fu ucciso dai tedeschi alle fosse ardeatine”.
E infatti, poco più avanti, al passaggio del corteo si affacciarono da un balcone le sorelle e il padre di Donato Bendicenti nonché, abbracciato al collo del nonno, il piccolo orfano Giacinto, di otto anni. Qui si svolse una scena non prevista e commovente. Prosegue il Pizzuti: “Il Sindaco è entrato in quella casa e ne è ridisceso conducendo per mano il bambino. Molte donne non hanno saputo trattenere le lacrime. E qui è fiorito spontaneamente l’episodio più significativo della giornata: il graduato delle guardie comunali, che portava la bandiera dei martiri del 1844, si è avvicinato al bambino lagrimante e gli ha consegnato il sacro vessillo. Il pianto del fanciullo si è taciuto: conscio nel suo infantile intuito del simbolico significato di quella consegna, la commozione ha ceduto nel suo animo alla fierezza”.
All’arrivo nel Vallone di Rovito, il corteo fu accolto dall’Inno di Mameli cantato da un gruppo corale che, diretto dal maestro Giuseppe Giacomantonio, eseguì poi anche il coro dall’opera “Donna Caritea” di Saverio Mercadante, che i Fratelli Bandiera cantarono mentre si recavano al supplizio (“Chi per la patria muor vissuto è assai”). Non mancavano ovviamente tutte le autorità  civili e militari, anche provenienti dalle altre provincie calabresi.
L’arcivescovo Aniello Calcara celebrò la Messa e dedicò l’omelia all’esaltazione dei valori cristiani dei martiri e al ricordo della partecipazione di tanti cattolici al Risorgimento italiano.
Prese quindi la parola il sindaco Francesco Vaccaro. Dopo aver rievocato gli episodi risorgimentali e, in particolare, la partecipazione dei cosentini all’unità  e all’indipendenza dell’Italia, il Sindaco ha rivolto la sua attenzione al presente, ancora una volta ricollegando il 25 luglio 1844 al 25 luglio 1943 ed esortando i suoi concittadini al lavoro di ricostruzione morale e materiale e di risanamento delle ferite inferte all’Italia dal regime fascista appena ingloriosamente caduto.
Le celebrazioni proseguirono in serata nel salone della Provincia, dove, dopo l’inaugurazione della mostra di cimeli storici curata con passione da Mario Borretti, i cosentini erano accorsi numerosi per ascoltare la parola di Nicola Serra. Il Presidente della Provincia inquadrò i fatti cosentini del marzo 1844e il sacrificio dei Fratelli Bandiera nel più vasto ambito della storia risorgimentale, insistendo sull’importanza degli stessi, i cui effetti non furono ben considerati nell’immediatezza, e sul carattere anticipatorio che essi ebbero nella prospettiva dell’unità  e dell’indipendenza italiane. Non mancò poi il Serra di delineare le tristi condizioni del momento e la necessità  di ricostruire le coscienze ancor prima dei beni materiali.
Non è qui possibile riportare per intero il contenuto del secondo numero del Bollettino. Dobbiamo limitarci ad un breve riassunto. Al testo dei discorsi ufficiali segue il catalogo della mostra di cimeli e ricordi storici. V’è un autografo di Attilio Bandiera, molte immagini iconografiche, vari cimeli, documenti, giornali e vedute della città . Quindi vi si legge il testo di un manifesto fatto affiggere dal Comitato il 24 luglio e una serie interessante di citazioni, tra cui un passo dell’interrogatorio di Emilio Bandiera, stralci di poesie e testi del Mameli, del Pascoli, e del cosentino Stanislao De Chiara. Vi sono anche il testo integrale di un manifesto fatto affiggere dalla Loggia massonica “Fratelli Bandiera” all’Oriente di Cosenza, una ricostruzione dei fatti del 1844 a firma di Mario Borretti e alcuni testi redatti e trasmessi dalla redazione dell’EIAR (che non era ancora diventata RAI). Il numero si chiude con un elenco di atti del Comitato organizzatore, costituiti prevalentemente dalle adesioni alle celebrazione da parte di personaggi e autorità  diverse.
Almeno altri due numeri del Bollettino furono stampati nel corso dell’anno 1945. La raccolta, forse non completa, è consultabile presso La Biblioteca Civica di Cosenza.

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