Domenico Bardari (Pizzo, 6 dicembre 1836 - Casamicciola, 28 luglio 1883)
Era figlio di Giuseppe e Carlotta Salomone. Il genitore, di sentimenti liberali, fu destituito dalla magistratura per la condotta tenuta durante il moto rivoluzionario calabrese del 1848. Domenico ebbe una sorella e tre fratelli: Renato Luciano, Leopoldo, Giovan Battista. Studiò a Monteleone nel Collegio Vibonese, poi giurisprudenza a Napoli, dove ebbe modo di frequentare gli ambienti liberali, i quali mantenevano contatti col marchese di Villamarina rappresentante diplomatico del regno di Sardegna.
Manifestò passione per la letteratura tanto da lasciare il romanzo storico Anton Centeglia, ambientato nella Catanzaro del XV secolo, di cui pubblicò alcune parti sul giornale «l'Indipendenza ». Oltre che profondo conoscitore delle lingue classiche, ebbe passione anche per quelle moderne, in particolare il tedesco.
Intraprese la pratica legale nello studio dell'avvocato pugliese Liborio Romano e, a firma di entrambi, sono rimaste numerose memorie defensionali date alle stampe. Dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia, Romano fu nominato ministro segretario di Stato dell'interno e polizia, Giuseppe - genitore del Nostro - prefetto di polizia, Domenico (che aveva solo 23 anni) sottintendente di Larino in Molise. Lì contrastò i "reazionari" filo-borbonici, secondando l'intendente Nicola De Luca illustre patriota.
Consolidatasi la struttura unitaria, con l'amministrazione statale periferica articolata in prefetture e sottoprefetture, Bardari proseguì la carriera a Palmi, Castroreale, Lagonegro, Siracusa, Udine. Ebbe caro amico Giorgio Curcio e pubblicò alcuni studi giuridici sotto forma di lettere indirizzate allo stesso Curcio.
Nel maggio 1876, a 40 anni e dopo solo sedici di servizio, fu nominato prefetto dal governo Depretis-Nicotera e destinato a Trapani. Vi rimase sino al maggio 1877 quando passò a Belluno. Dopo sei mesi fu mandato a Benevento e, dopo un altro semestre, a Cosenza, dove rimase dalla fine di luglio del 1878 all'inizio di dicembre del 1880.
L'invio in Calabria di Bardari rispondeva al desiderio del primo governo Cairoli di avere un uomo di assoluta fiducia a Cosenza, per rafforzare il "partito miceliano", cioè il gruppo di potere che faceva capo a Luigi Miceli originario di Longobardi.
Aspetto peculiare di quel tempo era l'attenta vigilanza dell'autorità prefettizia nei confronti di clericali, anarchici, internazionalisti. In tal senso, Bardari incrociò Giovanni Domanico, una delle menti pensanti dell'anarchismo italiano. In una lettera riservatissima inviata il 27 aprile 1879 al prefetto di Napoli Eugenio Fasciotti, Bardari riferiva di avere fatto ammonire il giovane Domanico dal pretore di Rogliano, «poscia con diverse e continuate perquisizioni nel di lui domicilio lo ridussi in tale condizione, fino a tanto che il medesimo visto che non lo si lasciava un momento quieto, anche per la rigorosa ed energica sorveglianza che si esercitava di ogni minimo suo atto, abbandonò i seguaci sconfessando le sue predilezioni al culto dell'anarchia, e dichiarò essere pronto a fornire elementi e notizie sulla setta internazionalista ».
L'opera di Bardari fu apprezzata a Roma, tanto che da Cosenza passò a Cagliari, già sede di viceré. I contemporanei, pur riconoscendo le sue doti intellettuali e la competenza amministrativa, criticavano il carattere rude e la ritrosia a fare vita sociale, in un tempo nel quale proprio i salotti prefettizi svolgevano un ruolo fondamentale. Ciò pure dopo il matrimonio con la partenopea Almerinda Di Napoli, di venti anni più giovane. Nicola Misasi scrisse che Bardari «aveva pochi amici che lo amassero ».
Trascorse nell'isola un periodo travagliato, coinvolto nella lotta politica tra due notabili locali, i deputati Francesco Salaris e Francesco Cocco-Ortu. Recriminazioni e polemiche iniziarono il giorno stesso dell'arrivo di Bardari al porto di Cagliari. In quella circostanza, i notabili presentatisi per ossequiarlo, rimasero sconcertati e irritati nell'apprendere che Salaris, anticipando tutti, aveva già accompagnato Bardari al domicilio. Da allora, la stampa che fiancheggiava l'onorevole Cocco-Ortu non mancò di attaccare Bardari, accusandolo di partigianeria e di decisioni non equanimi. Ci furono denunzie e petizioni indirizzate a Roma contro il prefetto.
Il periodo cagliaritano fu anche turbato dai gravissimi fatti di Sanluri (7 agosto 1881). Durante tumulti causati dalla questione fiscale, avvennero atti di violenza duramente repressi dalle forze dell'ordine, col bilancio finale di sette morti, decine di feriti e centinaia di arresti. L'anno dopo, la morte di Giuseppe Garibaldi a Caprera coinvolse a vario titolo tutte le autorità della Sardegna.
Bardari, che aveva manifestato a Roma il desiderio di cambiare sede, nell'estate 1883 si concesse un periodo di villeggiatura nell'isola d'Ischia, come faceva da qualche anno. Il 28 luglio, unitamente alla moglie, rimase vittima, a 47 anni, del terremoto che devastò soprattutto il comune di Casamicciola, dove i coniugi Bardari avevano preso alloggio, causando oltre 2300 morti. L'anno successivo la salma fu traslata a Napoli con una nave militare e ricevette onori solenni. (Donato D'Urso) © ICSAIC 2022 - 5
Opere
- Sulle riforme amministrative in Italia: lettere scritte da Domenico Bardari all'avv. Giorgio Curcio, Tip. Norcia, Siracusa 1868;
- Sul riordinamento finanziario dei Comuni in Italia: lettere scritte da Domenico Bardari all'avv. Giorgio Curcio, Tip. Norcia, Siracusa 1869.
Nota bibliografica
- Memorie politiche di Liborio Romano pubblicate per cura di Giuseppe Romano suo fratello con note e documenti, Giuseppe Marghieri editore, Napoli 1873;
- «Il Corriere del Mattino », 30 luglio 1883;
- «L'Avvenire di Sardegna », 30 luglio 1883;
- «L'Illustrazione Italiana », 16 settembre 1883, p. 182;
- Gabriele De Rosa, Terra insanguinata: memoriale storico-geologico e scientifico-etnografico sull'isola d'Ischia, Stabilimento tipografico dell'Iride, Napoli 1884, p. 104;
- Alla memoria di Domenico Bardari, Tip. Grossi, Aquila 1885;
- Lorenzo Del Piano, I fatti di Sanluri, in Studi storici e giuridici in onore di Antonio Era, Cedam, Padova 1964, pp. 115-156;
- Lorenzo Del Piano, Domenico Bardari prefetto a Cagliari, in Politici, prefetti e giornalisti tra Ottocento e Novecento in Sardegna, Della Torre, Cagliari 1975, pp. 53-104;
- Enzo Stancati, Cosenza e la sua provincia dall'unità al fascismo, Pellegrini, Cosenza 1988, pp. 137, 139-140;
- Elettrio Corda, Garibaldi in Sardegna, Rusconi, Milano 1991;
- Giuseppe Masi, Domanico Giovanni, in Dizionario biografico degli italiani, 40, Iei, Roma 1991, pp. 588-591;
- Natale Musarra, Le confidenze di "Francesco" G. Domanico al conte Codronchi, in «Rivista storica dell'anarchismo », III, n. 1, 1996, pp. 45-92
- Federica Bizzarini, La figura del prefetto a Belluno tra il 1866 e il 1886, Università degli studi di Trieste, fac. Lettere e Filosofia, a. a. 1998-1999;
- Nico Perrone, L'inventore del trasformismo. Liborio Romano, strumento di Cavour per la conquista di Napoli, Rubbettino, Soveria Mannelli 2009;
- Angelo Gallo Carrabba, Tutto, meno i tre quarti del tutto: i prefetti nel processo di unificazione nazionale, «Annali prefettizi », I, 2015, pp. 77-78;
- Donato D'Urso, Bardari Giuseppe, in Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea, 2022.
Nota archivistica
- Archivio Centrale dello Stato (Roma), fondo Archivi di famiglie e persone, una busta, identificativo IT-ACS-AS0001-0004131.