Giuseppe Barone (Maida (Catanzaro), 14 aprile 1866 – Firenze, 3 maggio 1946]
.
Dopo aver compiuto i primi studi nel paese nativo, frequentò la scuola pratica di agricoltura di Catanzaro. Senza alcuna guida, quindi, si preparò agli esami di maestro elementare che sostenne a Napoli con lusinghiero risultato. Si fermò per breve tempo nella città partenopea e alla fine del 1884 tornò in paese per aprirvi una scuola privata.
In una piccola camera della povera casa paterna accolse numerosi alunni di ogni ceto sociale e diede inizio alla sua lunga missione di educatore. Aveva appena 23 anni quando perse il padre. La «Scuola» di Maida dovette perciò chiudere i battenti e il Barone emigrò a Girifalco, ove per due anni (fino al 1891) diresse le scuole elementari meritando un attestato di lode dal Provveditore agli Studi di Catanzaro. Poi passò a Cortale, assunto da Andrea Cefaly quale precettore del figlio; quindi, per l'appoggio del Cefaly, a Roma, nelle scuole cattoliche, ove insegnò per sette anni, meritandosi due medaglie d'oro. Il 13 marzo 1900 ottenne, in un concorso per titoli, l'abilitazione all'insegnamento della lingua e delle lettere italiane nelle scuole tecniche, e il 28 giugno 1906 divenne insegnante ordinario. Seguirono poi una serie di trasferimenti che lo portarono nelle diverse città d’Italia, fino a che, dopo aver rinunciato all'ufficio di preside, cui era stato promosso nel 1919, e dopo aver superato un altro speciale concorso per le sedi primarie, non ottenne di potersi stabilire a Firenze.
Il primo saggio critico del Barone apparve nella rivista «Vita Italiana» col titolo: Di un antenato italiano del Falstaf, che nello stesso anno 1895, riveduto ed ampliato, venne ripubblicato in opuscolo del Loescher. Nella stessa rivista poi il Barone pubblicò un profilo del Cefaly: «Un artista dimenticato», col quale cercò di dare un effettivo contributo alla conoscenza artistica del suo benefattore.
Si dava quindi allo studio del Giusti sul quale pubblicò quattro articoli riuniti in un opuscolo dal titolo: II pensiero civile di G. Giusti (1898). II primo degli articoli, «Il Giusti e la donna», trovò posto in un periodico letterario fondato proprio in quel tempo da Luigi Pirandello, l'«Ariel». Lo scritto procurò al giovane maidese l'amicizia del grande scrittore siciliano.
Nel 1899 dava alle stampe due lavori: Intorno all’episodio di Cacciaguida («Prime prove didattiche d'un insegnante»), e Il dolore del Virgilio dantesco, che dedicò al suo ex alunno Raimondo Cefaly ed alla sposa Caterina dei Baroni Sanseverino.
Occupandosi di questo opuscolo Giuseppe Chiarini, come lui collaboratore del giornale notava «l'arte diligente e sagace colla quale vien ritratto il singolare stato psichico e morale dei sospesi», e aggiungeva che, «quantunque non soddisfi appieno in ogni sua parte, reca nondimeno un contributo di osservazioni nuove e sensate allo studio del Duca dantesco».
Lode maggiore gli venne rivolta dal D'Ancona, il quale mettendo in rilievo la bontà delle osservazioni
riguardo "il dolore”, e la fine analisi della mestizia stessa, definiva l'opuscolo «notevole per molti pregi» e osservava che ad esso «gioverebbe forse soltanto una forma più stringata che conferirebbe al discorso maggiore efficacia» (in «Rivista d'Italia», 15 marzo 1900). E altra ampia lode gli indirizzarono il D'Ovidio e chi con molto favorevole giudizio recensì l'opuscolo nel «Giornale storico della letteratura italiana», concludendo: «La maniera delicata con cui il Barone ci rappresenta la psicologia đi Virgilio, seguendolo. nei suoi vari atteggiamenti delle due cantiche, è veramente egregia».
Altri lavori di critica dantesca pubblicò nel 1911: Ancora sulla Gerusalemme Celeste; Sul numero dei gradi del Paradiso; Sull'ordinamento dei Beati. Questi studi «ingegnosi, ma privi di fondamento», dal Fornaciari, criticati dal Filomusi-Guelfi (1908). Contro il Fornaciari, lo scrittore di Maida con buoni argomenti prova che “più di mille” è inteso dall'Alighieri nel significato di “mille e più”, in quanto “più” indica quantità sempre minore dell'aggettivo cardinale che accompagna. Alla critica del Filomusi-Guelfi, che tra l'altro pare letto molto attentamente i due precedenti opuscoli del Barone, questi contrappone che Dante non aveva in alcun modo stabilito che i gradi della Rosa Mistica fossero, come egli scriveva,
sette nella metà superiore, e al critico del «Giornale storico della letteratura italiana» risponde non essere affatto vero che Dante lasciò indeterminata la graduazione della Rosa Celeste, ma che tutte e tre le divisioni dei regni sono incomplete: meno quella dell'Inferno, di più quella del Paradiso in ossequio ad un razionalissimo criterio didattico costantemente e rigorosamente rispettato.
Pubblicò infine un notevole saggio: L'arte d'istruire e d'educare nel Virgilio dantesco, ammesso dal Pietrobono a far parte dell'«Annuario dantesco» del 1930 (pubblicato nel 1932).
Ultimo suo lavoro Maida. Il volume di oltre trecento fitte pagine appare nel 1942 sotto il titolo
comprensivo e, per ogni concittadino, suggestivo e incitativo. Il grosso volume contiene pregevoli pagine descrittive e storicamente molto apprezzabili.
È deceduto all’età di 80 anni. (da una biografia di Luigi Aliquò Lenzi e Filippo Aliquò Taverriti) © ICSAIC 2024 – 01
.
Opere
.
- Epimenide di Creta e le credenze religiose de'suoi tempi. Studio storico-critico-filologico, G. De Angelis e figlio, Napoli 1880;
- Kebetos pinax. Con prefazione e note ad uso delle scuole e con un saggio bibliografico, Morano, Napoli 1883;
- Quadri sinottici di letteratura greca, voll. I-II, Morano, Napoli 1886;
- La geografia poetica nell'età omerica, Morano, Napoli 1888;
- Una storia d'amore: Zarina e Striangeo, Tip. Pontieri, Napoli 1893;
- D'un antenato italiano di Falstaff, Loescher, Roma 1895;
- Il museo civico di Baranello, Pierro e Varaldi, Napoli 1897;
- Il pensiero civile di G. Giusti, tip. S. Maria degli Angeli, Roma 1898;
- Intorno all’episodio di Cacciaguida («Prime prove didattiche d'un insegnante», tip. Artigianelli di S. Giuseppe, Roma 1899;
- Il dolore del Virgilio dantesco, Loescher, Roma 1899;
- Sul numero dei gradi del Paradiso, Loescher, Roma 1906;
- Sull'ordinamento dei Beati, Loescher, Roma 1906;
- Le anime gemelle nella evoluzione sociale, Tipografia F. Sangiovanni e Figlio, Napoli 1907;
- Canti greci moderni. Saggio di versione, Stab. Tip. M. D’Auria, Napoli 1907;
- Il metodo nell'insegnamento della lingua greca moderna. Con il testo greco e la versione italiana di 23. canti moderni, D’Auria, Napoli 1907;
- Amore e morte, Stab. Tip. f.lli Fischetti, Sarno 1907;
- I capelli e la barba nella Divina Commedia, tip. Fischetti, Sarno 1909;
- Taj-ulmuluk u Bahawali o la dottrina dell'amore. Romanzo hindustani, tip. Fischetti, Sarno 1910;
- Ancora sulla Gerusalemme Celeste, Loescher, Roma 1911;
- Il “Don Chisciotte della Mancia” di Nicola Limosino, G. Scala, Nola 1914;
- Miklos Toldi. Leggenda popolare ungherese, tip. Fischetti, Sarno 1915;
- Le origini della drammatica nella letteratura portoghese, tip. Fischetti, Sarno 1918;
- Le avventure del gurû Paramârtta. Racconti tamulici, stab. tip. S. Paolino e G. Scala, Nola 1919;
- Il “plagosus Orbilius” nell'antica e nella nuova pedagogia, stab. tip. S. Paolino e G. Scala, Nola 1919;
- Il ballo nel rito religioso, nella Divina Commedia, nell'igiene, nella patologia e nella morale, stab. tip. S. Paolino e G. Scala, Nola 1921;
- Saggi di liturgia storica. Monografia postuma, Tip. F. Giannini e Figli, Napoli 1925;
- L'arte d'istruire e d'educare nel Virgilio dantesco, in «Annuario dantesco 1930», Olschki, Firenze 1932;
- Màida, Tipografia Emilio Naldi, Firenze, 1942.
- .
Nota bibliografica
.
- Luigi Aliquò Lenzi, Filippo Aliquò Taverriti, Gli scrittori calabresi, vol.I, Tip. editrice “Corriere di Reggio”, Reggio Calabria 1972, ad vocem, pp. 110-111;