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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  ISBN: 978-88-941045-8-5

  A cura di Pantaleone Sergi

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Bonfà , Domenico “Fà bon”

Domenico Bonfà  (Fà bon)  [Sant'Agata del Bianco (Reggio Calabria),  4 febbraio 1912 - Roma,  27 agosto  1969)

Secondogenito, nacque in una famiglia numerosa. Il padre Vincenzo, che in paese era chiamato  Brendolino,  era un falegname e intagliatore che possedeva la bravura di uno scultore tanto da vincere una medaglia nel 1923 a Firenze  in occasione dell'Esposizione Permanente d'Arte Industriale. Non fece studi regolari, ma la sua capacità  e il suo interesse per l'arte erano già  evidenti fin dalle elementari, frequentata nel paese natale. Si racconta, infatti, che ogni mattina faceva trovare il ritratto del suo maestro disegnato alla lavagna con i gessetti. Per tale propensione  all'arte attraverso il disegno, nel 1926, quando aveva solo 14 anni, il padre lo mandò apprendista a Catania per frequentare come gli artisti rinascimentali una scuola d'arte. Lì rimase per sette anni apprendendo  i fondamenti tecnici della pittura. Tornato a  Sant'Agata di Bianco convolò a nozze con una giovane poetessa, Carmela Curulli, più giovane di lui di sei anni, che era nata a Montreal da calabresi emigrati in Canada e lui stesso, dopo la morte dei genitori, aveva accolto al porto di Palermo.  
Nel 1933, dopo il matrimonio, decise di fissare la residenza della famiglia a Reggio Calabria, città  che ovviamente offriva più occasioni di lavoro rispetto al piccolo paesino in cui era nato e si era formato una famiglia. Spostandosi in diverse città , iniziò così un'attività  febbrile: nel mondo ci sarebbero più di mille opere firmate  con lopseudonimo di Fà bon, anagramma del proprio cognome, una  firma originale scelta per distinguersi dal pittore Alberto Bonfà  della vicina Bianco. E in pochi anni la sua carriera di successi espositivi decollò, a partire dalla mostra del «Paesaggio albanese » di Bari nel 1938, a cui seguì quattro anni dopo la Mostra d'Arte italo-tedesca che si tenne a Catania al Castello Ursino. Nello stesso anno venne chiamato alle armi ma la sua guerra finì presto poiché fu catturato degli inglesi e visse da prigioniero a Tobruch fino alla fine del conflitto. Dalla pur triste esperienza della prigionia, portò con sé i colori e la solitudine del deserto libico, immagini che influenzarono molta della sua produzione di quegli anni, fatta da tele con paesaggi assolati,  volti e figure  di donne ritratte quasi di sfuggita oppure pensose.  
Tornò, così, alla vita civile e alla sua attività  artistica, riprendendola proprio da dove aveva lasciato, da Catania, che nel 1945 ospitò una sua personale alla Galleria Casabella. Di seguito, nel 1946 e nel 1947, tenne altre due personali a Reggio Calabria, città  con cui ebbe un legame profondo, sia umano sia professionale  (alla  Pinacoteca Civica  è ancora esposto un suo paesaggio dipinto nel 1949). E sempre nella città  dello Stretto, nel 1952 e 1954, fu presente anche alla prima e alla seconda Mostra del Sindacato Artisti della Calabria. Nel 1954 fu  nominato vice segretario regionale per la Calabria dal comitato  Unione Sindacale Artisti Italiani Belle Arti  (Usaiba) e collaborò a un settimanale.    Prese quindi a viaggiare in Italia. «Affresca chiese e dipinge quadri di una segreta spiritualità  » (Stranieri), Andò  in Canada e negli Stati Uniti, riuscendo a esporre le proprie opere. Risiedette per qualche tempo a Genova. Nel 1953 partecipò all' «Agosto Vibonese ». Dal 1954 al 1955 soggiornò a Ravenna e in questo due anni espose sue opere anche alla Biennale di Arte Sacra Bologna nel 1954, e l'anno dopo alla Mostra Nazionale  Ars Plauda  di  Torino.  In questi anni, illustrò anche i volumi di poesia di  G.B. Giordano,  Il grido dell'uomo del Sud  e di  Ivonne Rossignon,  I giochi dell'Anima.  
Ad  Assisi, nel settembre  1955,  dopo aver esposto in una mostra internazionale al  Palazzo dell'Arte Sacra,  ricevette il diploma d'onore per «alti meriti artistici ».  Da Ravenna si trasferì a Roma.  Successivamente presentò le sue opere a  Genova, Arezzo, Firenze e Messina.  Ormai era un artista affermato e conosciuto non solo in Italia e sue opere furono esposte  in  Germania, in  Francia, in  Svizzera, in  Argentina. Considerato «pittore mediterraneo », quotidiani e riviste si furono molto attenti a lui e alla sua opera.
Elogi e consensi, infatti, gli arrivarono nel 1955, dall'esposizione alla  Art Gallery  di Antony Pavone  a New York e nel 1956 alla Mostra Nazionale d'Arte Contemporanea di Roma, dove gli fu assegnata una medaglia d'oro. L'anno dopo a Reggio Calabria fu presente alla Permanente d'Arte Figurativa dell'Usaiba. Lo stesso anno partecipò alla Rassegna Internazionale di Arti Figurative  al  Museum of Fine Arts di Montreal. Alla III Mostra Nazionale estemporanea di Ravenna del 1958 gli furono conferiti il premio del presidente del concorso e il diploma e d'onore. Lavorò ancora intensamente e nel 1961 tornò a esporre a Montreal e alla Mostra d'Arte Sacra di Reggio Calabria.
Degni di essere citati:  Composizione  (1945),  L'Arca di Noè  (1948),  Paesaggio  (Pinacoteca civica, Reggio Calabria). Ai paesaggi e alle figure, affiancò i temi sacri.
Nel 1966 fu nominato accademico della Tiberina.
Colpito da una neoplasia maligna due anni dopo,  si spense l'anno dopo  Roma all'età  di 57 anni.
Scrisse  Paolo Borruto  su   «Il Giornale d'Italia »  del 16 novembre 1969:   «I giudizi, dunque, consacrati dai critici su tutti gli organi di stampa più importanti, ed in tutto il mondo, concordano nel lodare la spontaneità , il vigore, la raffinatezza del gusto, l'arte, le proporzioni, di questo autentico Artista che l'Italia si onora di annoverare tra i migliori dell'ultimo Novecento. Egli presagì la fine. Ne è testimone la sua ultima tela che raffigura un volto egizio che appunta lo sguardo profondo, attonito, su una mummia collocata in una bara. La morte lo colse ancor giovane il 27 agosto  1969 ».
La moglie morì sette anni dopo.
Talento a lungo e colpevolmente dimenticato (per quasi cinquant'anni dopo la sua morte nessuna mostra fu allestita con le sue opere), su di lui stava per calare l'oblio, quando finalmente nel 2017 il suo paese di nascita gli ha dedicato una retrospettiva organizzata dall'Amministrazione comunale  che ha riattivato su di lui le attenzioni della stampa, della critica e degli appassionati d'arte. (Aldo Lamberti) © ICSAIC 2022 - 4  

Opere principali

  • Mia moglie (1946)
  • Paesaggio (1949)
  • L'attesa (1954)
  • Composizione (1954)
  • Mio padre (1955)
  • Umanità  (1955)
  • Sosta tra le macerie (1955)
  • La via del pensiero (1955)
  • Creazione (1961)
  • Crocefisso (1961)
  • Volto di Cristo (1963)
  • Cosmica (1968)

Nota bibliografica

  • E. Miserari,  Fabon,     «Il Tempo », luglio 1945;  
  • Enzo Bruzzi  Fabon: pittore calabrese, «Il Messaggero »,  15 gennaio 1953;
  • Fabon pittore calabrese, «Pensiero ed Arte », 6/7, 1954;  
  • Giuseppe Melina,  Dipinge con umanità  la sua terra e la sua gente, «Il Piccolo » (Genova), 12 aprile 1954;  
  • E. Gentile,  Pittura sociale,   «Il lavoro italiano », aprile 1955;  
  • Il pittore Fabon espone in America,   «La Tribuna del Mezzogiorno », 30 novembre 1955;
  • Morto il pittore Domenico Bonfà ,   «La Tribuna del Mezzogiorno », 29 agosto 1969;
  • Paolo Borruto,  La spiritualità  di Fabon, «il Giornale d'Italia »,  16 novembre 1969;  
  • Paolo Borruto,  Omaggio a Fabon,  in «La voce di Calabria », gennaio 1970;  
  • Giuseppe Andreani,  La Collezione d'arte del Comune di Reggio Calabria. Idee per una Galleria d'Arte Moderna, in  L'opera esposta. Idee per la Pinacoteca Civica di Reggio Calabria, a cura di G. Andreani, Rubbettino, Soveria Mannelli, pp. 49-81;  
  • Giovanna Brigandì,  Inventario dei dipinti, disegni e sculture di proprietà  del Comune di Reggio Calabria, in  L'opera esposta. Idee per la Pinacoteca Civica di Reggio Calabria, a cura di G. Andreani, Rubbettino, Soveria Mannelli 1991, pp. 88-89;
  • Giorgio Falossi,  Enciclopedia dei pittori e scultori italiani del Novecento, 2 voll., Milano 1991, p. 192;  
  • Enzo Le Pera,  Gli artisti in Calabria. Dizionario degli Artisti calabresi dell'Ottocento e del Novecento,Pellegrini Cosenza  2013, pp. 86-87.
  • Francesca Callipari,  Domenico Bonfà , alias Fà bon: un pittore calabrese del nostro Novecento da non dimenticare,   «News-Art »,  17 gennaio 2017; https://news-art.it/news/domenico-bonfa--in-arte-fabon-un-pittore-calabrese-del-nost.htm;
  • Domenico Stranieri,  L'Universo artistico di Fà bon,   «Il Quotidiano della Calabria », 16 febbraio 2014;
  • Domenico Stranieri,  Fà bon e il suo amore poeta,   «Aspromonte », luglio 2015.

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