Antonio Cefaly [Cortale (Catanzaro, 10 novembre 1850 – Roma 24 aprile 1928)
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Antonio Cefaly nacque a Cortale in una famiglia di possidenti terrieri. Il padre Fortunato morì prematuramente, lasciando vedova la nobile Elisabetta Bevilacqua e sei orfani. Uno di essi, Giovanni Battista Fortunato, fu deputato dal 1909 al 1913. Parenti erano Andrea Cefaly e Andrea Cefaly jr. (sub voce).
La morte del padre costrinse Antonio Cefaly a dedicarsi, a tempo pieno, all’amministrazione del patrimonio familiare ma, sin da giovanissimo, egli fu anche amministratore pubblico: consigliere comunale di Cortale a 21 anni, più volte sindaco di nomina regia, per quasi un quarantennio consigliere provinciale di Catanzaro. Dal 1882 al 1895 fu deputato nei collegi di Catanzaro, Monteleone Calabro, Nicastro. Nell’aula sedette a sinistra, tra i liberali progressisti. Sostenne la Pentarchia, cioè gli oppositori del trasformismo di Agostino Depretis. Nel novembre 1898 fu nominato senatore su proposta del governo Pelloux, per la terza categoria (i deputati dopo tre legislature). Ripetutamente, tra il 1913 e il 1923, ricoprì la carica di vicepresidente del Senato. Fece parte dell’importante commissione bicamerale d’inchiesta sulla condizione dei contadini e, unitamente agli onorevoli Francesco Nitti e Giovanni Raineri, presentò una relazione di oltre 800 pagine, riferita alle regioni Basilicata e Calabria. Antonio Cefaly era insignito delle onorificenze di Grande ufficiale dell’ordine della Corona d’Italia e di Gran cordone dell’ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro.
Sodale di insigni uomini politici, come Giuseppe Zanardelli e Giovanni Giolitti, più volte declinò l’invito a far parte del governo, come ministro dei Lavori pubblici o come ministro delle Finanze. Nei suoi interventi parlamentari si occupò prevalentemente di questioni agrarie e forestali, ma svolse anche un ruolo importante nella discussione sulla riforma del Senato e quale componente della commissione per il regolamento. Secondo i contemporanei, non aveva doti tribunizie.
Tra gli innumerevoli incarichi svolti durante la lunghissima carriera politica, si segnalano quelli di presidente del consiglio di amministrazione dell’Educatorio “Roma”, membro del comitato di soccorso Pro Calabria e Sicilia (1909), sindaco dell’Istituto case popolari di Roma, presidente della commissione amministratrice dell’azienda elettrica di Roma, consigliere della Società degli agricoltori italiani, deputato della Federazione ginnastica italiana, componente della Corte disciplinare per la magistratura, deputato per la vigilanza delle scuole elementari del comune di Roma, membro del consiglio direttivo della Lega per la pace.
“Giolittiano di ferro”, Cefaly tenne una fitta corrispondenza con lo statista piemontese, al quale riferiva dettagliatamente gli umori delle popolazioni meridionali di fronte alle grandi e piccole scelte governative, compresa quella drammatica dell’entrata in guerra nel 1915. Giolitti basava tanta parte del suo potere sulla fedeltà della rappresentanza parlamentare meridionale. Proprio la vicinanza a Giolitti, dal quale lo separava solo l’appartenenza di Cefaly alla massoneria (raggiunse il grado di Gran Maestro Aggiunto Onorario) fu occasione di aspre polemiche in occasione della Grande Guerra, alla fine della quale, in un intervento arrabbiato, il deputato Carlo Centurione arrivò ad accusare Giolitti, Cefaly e altri d’essere stati “traditori della Patria”. Naturalmente, lo scandalo fu enorme e la commissione parlamentare, immediatamente incaricata, non poté che dichiarare infondata l’accusa infamante.
Antonio Cefaly morì a Roma il 24 aprile 1928 (curiosamente lo stesso anno di Giolitti). Benedetto Croce, al quale era legato da lunga amicizia, dettò l’epigrafe tombale: «Nell'amministrazione del Comune e della Provincia / Nella Camera e nel Senato / Cinquant'anni operoso / Devoto costantemente / Al culto della libertà e alla grandezza della Patria / Lascia nobile retaggio ai suoi / La reverenza / Che alla sua anima leale e alla sua ferma fede / Tributano concordi amici e avversari / MDCCL - MCMXXVIII». Il noto scultore Mario Rutelli realizzò un busto in marmo di Antonio Cefaly, facente parte della collezione Cefaly Pandolphi.
Al Senato, nella seduta del 3 maggio 1928, il presidente Tommaso Tittoni commemorò l’estinto, affermando tra l’altro: «Merita ricordo la sua proficua partecipazione, come membro e come vicepresidente, alla Commissione d'inchiesta sulle condizioni dei contadini del Mezzogiorno e a quella sulle spese di guerra, di cui fu componente attivissimo e così scrupoloso, che per la mole del lavoro sostenuto ebbe anche nocumento alla salute. Fu membro di molti uffici centrali e partecipò ad importanti discussioni, sempre recando al lavoro legislativo il contributo della sua operosità e della sua competenza. Di lui ricordiamo notevoli discorsi, come quando combatté vittoriosamente il primo disegno di legge sulla cedibilità degli stipendi degli impiegati, o quando protestò contro gli scioperi nei pubblici servizi: prese anche parte importante alle discussioni sulla riforma del Senato e su varie modifiche al regolamento interno. Gentile e cordiale con tutti, era da tutti amato, al di sopra delle divisioni di parte, ed era generalmente apprezzato per l'inflessibilità del carattere. La stima dei colleghi lo chiamò per tre volte alla carica di Vicepresidente, e fu carissimo ai colleghi dell'Ufficio di Presidenza. Uomo benefico e amantissimo del paese natio, lo ha più volte beneficato anche con cospicue donazioni. Antonio Cefaly fu esempio di carattere, di operosità, di modestia e di zelo nell'adempimento dei propri doveri; il Senato del Regno s'inchina reverente alla sua memoria e porge alla famiglia desolata commosse condoglianze».
Il ricco archivio personale, composto da circa tremila documenti, costituisce il fondo Cefaly presso l’Archivio storico del Senato e copre la lunga carriera dell'uomo politico calabrese, dagli esordi nelle amministrazioni locali fino alla vicepresidenza del Senato. (Donato D’Urso) © ICSAIC 2024 – 2
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Nota archivistica
- Archivio storico del Senato, fondo Cefaly, 14 buste, 512 fascicoli
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Nota bibliografica
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- Telesforo Sarti, Il Parlamento Subalpino e Nazionale, Tipografia dell’Industria, Terni 1890, p. 268;
- Relazione della Sotto-Giunta parlamentare: on. Antonio Cefaly senatore, presidente, on. Francesco Nitti deputato, relatore, on. Giovanni Raineri deputato: note ed appendici, G. Bertero e C., Roma 1910;
- Antonio Cefaly nella vita pubblica, Unione arti grafiche abruzzesi, Roma 1925;
- «Rivista massonica», 1925, p. 54;
- Alberto Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, vol. 1°, EBBI, Milano 1940, p. 238;
- Quarant’anni di politica italiana: dalle carte di Giovanni Giolitti, trevolumi, Feltrinelli, Milano 1962, ad indicem;
- Giordano Gamberini, Mille volti di massoni, Erasmo, Roma 1975, p. 173;
- Il Mezzogiorno preunitario. Economia, società e istituzioni, a cura diAngelo Massafra, Edizioni Dedalo, Bari 1988, p. 600;
- Aldo Alessandro Mola, Storia della massoneria italiana: dalle origini ai nostri giorni, Bompiani, Milano 1994, ad indicem;
- Il Senato nell’età moderna e contemporanea, Ipzs, Roma 1997, p. 204;
- Rosalia Cambareri, La massoneria in Calabria dall’Unità al fascismo, Brenner, Cosenza 1998, p. 334;
- Stefano Battilossi, Acea di Roma 1909-2000: da azienda municipale a gruppo multiservizi, Milano, FrancoAngeli 2001, p. 59;
- Aldo Alessandro Mola, Giolitti: lo statista della nuova Italia,Mondadori, Milano 2006, ad indicem;
- Collezionismo e politica culturale nella Calabria vicereale borbonica e postunitaria, a cura di Alessandra Anselmi, Gangemi, Reggio Calabria 2012 p. 22;
- Massimo L. Salvadori, Giolitti un leader controverso, Donzelli, Roma 2020, ad indicem;
- Gran Maestri d’Italia 1805-2020: il diritto e il rovescio della storia del GOI attraverso i suoi massimi esponenti, a cura di Giovanni Greco, Mimesis, Milano-Udine 2020, ad indicem;
- Fabio Martini, Nathan e l’invenzione di Roma: il sindaco che cambiò la città eterna, Marsilio, Venezia 2021.