Nicola De Pirro (Nocara (Cosenza), 28 aprile 1898 – Roma, 3 luglio 1979)
Figlio di Domenico, possidente, e della gentildonna Caterina De Pietro, fu registrato allo Stato Civile con i nomi di Nicola, Giovanni, Andrea e Ascanio. Laureato in giurisprudenza all’Università di Roma.
Il 29 gennaio 1929 nel Governatorato di Roma contrasse matrimonio con Leda Milani. Per alcuni decenni fu al centro delle politiche pubbliche riguardanti, in particolare, lo spettacolo teatrale e musicale.
Iscritto ai fasci dal luglio 1920, si fregiava del distintivo della marcia su Roma. Fu a lungo redattore capo della rivista Critica fascista fondata da Giuseppe Bottai, nonché segretario generale dell’Associazione nazionale fascista delle industrie dello spettacolo, che riuniva i maggiorenti del settore legati al regime. Dette anche vita, insieme con Silvio D’Amico, alla rivista Scenario di cui fu a lungo condirettore. Tenuto conto di questo curriculum e dell’amicizia con Bottai, non stupisce che De Pirro sia entrato, dalla porta principale, nell’apparato burocratico assurto, nel maggio 1937, a Ministero per la cultura popolare. Diresse l’Ispettorato del teatro, poi ampliato a Direzione generale per il teatro e per la musica. De Pirro divenne uno dei protagonisti della politica culturale del regime.
All’incarico principale seguirono altri a corollario: membro di commissione giudicatrice ai Littoriali della cultura, componente del comitato per lo studio dei problemi del teatro lirico, consigliere di amministrazione della fondazione «Il Vittoriale degli Italiani» di Gardone Riviera, membro del comitato esecutivo della mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, presidente dell’ETI (Ente teatrale italiano per la cultura popolare), primo passo verso il teatro di Stato: aveva il compito di costruire nuove sale di spettacolo e acquistarne di esistenti creando un circuito nazionale, nonché gestire direttamente imprese teatrali.
Nel settore della musica lirica la struttura dipendente da De Pirro mirò a coordinare i vari enti operanti nel territorio nazionale, incoraggiando i principali teatri a includere nei cartelloni autori italiani contemporanei. Ciò, però, a giudizio di molti non migliorò il livello degli spettacoli perché nella selezione, secondo l’inveterato malcostume italiano, si dovette tenere conto di raccomandazioni e sollecitazioni politiche.
Il ministero scelse di sfruttare al meglio la straordinaria potenzialità della radio: in un solo mese del 1936 furono trasmesse, con gradimento del pubblico, ventiquattro commedie, tredici opere liriche, otto operette. Altresì, si dette vita alla fortunata iniziativa del Carro di Tespi, sia teatrale che lirico. Nei mesi estivi le varie compagnie itineranti raggiungevano zone periferiche, utilizzando quattro grandi strutture (tre per la prosa e una per la lirica) comprensive di palcoscenico e platea con cinquemila posti. Nella stagione il numero complessivo degli spettatori raggiunse il milione e il Carro di Tespi arrivò fin sull’altopiano della Sila.
Altra iniziativa di successo fu il “Sabato teatrale” riservato prevalentemente agli iscritti all’OND (Opera nazionale dopolavoro) che fruivano di ingressi agevolati. In un anno si arrivò a organizzare duecento rappresentazioni. Di livello superiore era l’offerta dell’Estate musicale italiana, che si svolgeva all’aperto in luoghi suggestivi come l’Arena di Verona, le Terme di Caracalla a Roma, il Giardino di Boboli a Firenze.
La struttura centralizzata diretta da De Pirro dette prova di grande attivismo in tutti i campi ma i dossier più importanti e delicati rimasero il controllo politico di autori e opere e i finanziamenti pubblici che facevano gola a tutti, compresa la compagnia dei fratelli De Filippo. La Direzione generale per il teatro e per la musica usò con spregiudicatezza la leva pecuniaria anche per la cosiddetta “musica varia”, intesa come «musica di facile ispirazione racchiusa in semplici schemi formali, quali canzonette, ballabili e canti popolareschi» (legge 24 novembre 1941).
Il ministero provò anche a porre un argine allo strapotere delle agenzie teatrali, cioè degli intermediari che avevano la rappresentanza degli artisti e procuravano le scritture lucrando la provvigione. Le agenzie furono formalmente vietate ma nei fatti continuarono a operare, su richiesta degli artisti stessi trovatisi altrimenti allo sbando.
Con evidente scopo propagandistico, la Direzione generale coinvolse musicisti e drammaturghi affinché affrontassero temi cari al fascismo come la romanità e l’impero, ma in proposito ne venne fuori «un indistinto stile retorico» (Fiamma Nicolodi). L’entrata in guerra dell’Italia nel giugno 1940 comportò il divieto di suonare musiche dei paesi “nemici” favorendo, al contrario, l’inserimento in cartellone di autori di lingua tedesca, il che ebbe l’effetto positivo di diffondere le opere di Mozart.
Alessandro Casella ha definito Nicola De Pirro «gerarca ministeriale defilato, decisivo, prima sotto l’ala di Alessandro Pavolini, e poi nel dopoguerra, per l’organizzazione musicale» (Pavolini era succeduto come ministro del Minculpop a Dino Alfieri e lasciò poi il posto a Gaetano Polverelli).
Nel 1941 l’Accademia d’Italia promosse una grandiosa opera editoriale: il Corpus del teatro italiano e De Pirro fu chiamato a far parte della commissione, presieduta da Renato Simoni, che aveva compiti operativi. Le vicende della guerra non permisero all’iniziativa di decollare.
Dopo la liberazione di Roma e l’insediamento del governo Bonomi, furono avviati nella pubblica amministrazione i procedimenti di epurazione. Con decreto del 30 luglio 1944 Nicola De Pirro fu sospeso dall’ufficio e un anno dopo subì la dispensa dal servizio. L’interessato propose ricorso, che fu accolto dal Consiglio di Stato nel luglio 1947. Di conseguenza, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giulio Andreotti firmò il provvedimento di revoca della dispensa. Scomparso il Minculpop, fu costituita la Direzione generale dello spettacolo presso la Presidenza del Consiglio, che riunì le precedenti direzioni e divenne un formidabile centro di potere. Nicola De Pirro, tecnico per eccellenza, fu reintegrato in servizio e divenne uno dei più fidati collaboratori del giovane Andreotti, secondo il quale il ritorno di De Pirro era stato «invocato da tutto il settore».
Da sempre vicino al Centro sperimentale di cinematografia, De Pirro nel novembre 1948 ne divenne presidente. Dopo il 1963 ne fu ancora per qualche tempo commissario, mantenendo analogo incarico all’Accademia d’arte drammatica. Fu anche consigliere di amministrazione dell’ente autonomo «La Biennale di Venezia esposizione internazionale d’arte».
Anche nel secondo dopoguerra continuarono, con qualche maggiore cautela, gli interventi censori, rivolti soprattutto contro presunti oltraggi al buon costume, alla moralità, alla religione. Ad esempio, il regista Gianfranco De Bosio ricorda la telefonata con la quale De Pirro gli chiese di apportare tagli a una commedia scabrosa. A Federico Fellini fu manifestata apprensione per i contenuti del film Le notti di Cabiria. Quella pellicola ebbe via libera solo dopo essere stata visionata, in via riservatissima, nientemeno che dal cardinale Giuseppe Siri.
L’attività di pari e ancor maggior rilievo continuò comunque a essere il finanziamento pubblico – selettivo – degli spettacoli, il che significò assicurare o negare la sopravvivenza di un ente o di una compagnia, a discrezione del potere politico.
Nicola De Pirro mantenne la posizione di dominus anche nel Ministero del turismo e dello spettacolo istituito nel 1959. Collocato infine a riposo, nel 1963, per raggiunti limiti di età, morì a Roma ultraottantenne. (Donato D’Urso) © ICSAIC 2023 – 03
Scritti principali
- Cinema e regime, «Scenario», n. 10, 1933;
- L’ispettorato del teatro, «Scenario», n. 7, 1935;
- Il teatro per il popolo, s.n., Roma 1938;
- Dieci anni di attività dell’Unione Nazionale Arte Teatrale, Industria grafica Moneta, Milano 1943;
- Espansione all’estero del film italiano nel dopoguerra, «Spettacolo», n. 3, 1955;
- La produzione cinematografica nel quadro del Mercato Comune, «Bianco e Nero», n. 6, 1958.
Nota archivistica
- Comune di Nocara, Atti di nascita, n. 15, 1 maggio 1898;
- Governatorato di Roma, Atti di matrimonio, n. 39, serie II, parte I, 29 gennaio 1929;
- Archivio centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Servizio Informazioni e Proprietà letteraria artistica e scientifica, Commissione di epurazione personale ex-Ministero cultura popolare 1944-1949, busta 1;
- Biblioteca nazionale centrale di Firenze, Carteggi vari.
Nota bibliografica
- Fiamma Nicolodi, Musica e musicisti nel ventennio fascista, Discanto, Fiesole 1984;
- Turi Vasile, Un villano a Cinecittà, Sellerio, Palermo 1993;
- Gianfranco Pedullà, Il teatro italiano nel tempo del fascismo, il Mulino, Bologna 1994;
- Harvey Sachs, Musica e regime, Il Saggiatore, Milano 1995;
- Guido Salvetti-Bianca Maria Antolini, Italia Millenovecentocinquanta, Guerini, Milano 1999;
- Ruth Ben-Ghiat, La cultura fascista, il Mulino, Bologna 2000;
- Maria Procino Santarelli, Eduardo dietro le quinte, Bulzoni, Roma 2003;
- Emanuela Scarpellini, Organizzazione teatrale e politica del teatro nell’Italia fascista, Led, Milano 2004;
- Gian Piero Brunetta, Il cinema italiano contemporaneo, Laterza, Roma-Bari 2007;
- Tullo Kezich, Federico: Fellini, la vita e i film, Feltrinelli, Milano 2007;
- Stefano Locatelli, Teatro pubblico servizio?, Centro delle Arti, Milano 2015;
- Alfredo Casella, I segreti della giara, Il Saggiatore, Milano 2016;
- Gianfranco De Bosio, La più bella regia: la mia vita, Pozza, Vicenza 2016;
- Alfredo Baldi, La scuola italiana del cinema: il Centro sperimentale di cinematografia, Rubbettino, Soveria Mannelli 2018;
- Massimo Franco, C’era una volta Andreotti, Solferino, Milano 2019;
- Daniela Manetti, La settima arte: storia e personaggi dell’industria cinematografica italiana, Marsilio, Venezia 2020;
- Gian Piero Brunetta, La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 1932-2022, Marsilio, Venezia 2022.
Ringraziamenti
- Si ringrazia il sindaco di Nocara, Maria Antonietta Pandolfi, per la squisita disponibilità e la preziosa collaborazione.