Eugenio Del Giudice [Belmonte Calabro (Cosenza), 11 novembre 1806 – Paola (Cosenza), 1 aprile 1876]
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Registrato allo Stato civile con i nomi di Eugenio Tommaso, nacque in contrata Destro dal barone Bonaventura e dalla nobildonna Rosa Miraglia, una famiglia di origine di patrizi amalfitani che in seguito al suo trasferimento nel territorio di Belmonte Calabro mosse i suoi primi passi verso il prestigio socioeconomico, anche grazie a matrimoni vantaggiosi. L’ascesa della famiglia Del Giudice iniziò nel periodo dell’occupazione francese, proseguì nella fase del Risorgimento italiano e raggiunse il suo culmine nei primi tre decenni conseguenti all’unificazione nazionale arrivando a collocarsi al centro della vita politica nel Tirreno Cosentino. Dall’unione matrimoniale dei genitori nacquero anche i fratelli Tommaso, Luigi e Francesco.
Sposò la nobildonna Michelina Amalia Barone. Dal matrimonio nacquero Giacomo, deputato del Regno d’Italia dall’XI alla XIX legislatura, Bonaventura, Settimio e Tommasa.
Nel 1830 circa fu tra i protagonisti della trasformazione della locale loggia massonica in vendita carbonara le cui riunioni segrete si svolgevano nell’ex convento dei frati cappuccini, intrattenendo anche importanti contatti con le altre organizzazioni di Cosenza e degli altri paesi della provincia. La sua esistenza infatti risulta essere confermata dalla presenza di alcuni tracciati sulle pareti di una stanza della struttura ecclesiastica, dove si scorgono dei segni convenzionali tipici delle logge massoniche.
Nei moti insurrezionali calabresi del 1848 operò in stretta collaborazione con i patrioti cosentini, sino ad assumere l’incarico di capo della guardia nazionale di Belmonte Calabro. Nel clima rivoluzionario dell’epoca si presentò con altri insorti belmontesi armati dal barone Mollo, ricevitore dei dazi del fondaco di Amantea, costringendolo alla consegna di una grande quantità di polvere da sparo che fu caricata su un’imbarcazione che si diresse verso Paola. Il suo coinvolgimento nel movimento sovversivo gli causò un’accusa di organizzazione di associazione in bande con comando. Nel celebre processo del 13 marzo 1851 fu condannato dalla Gran corte criminale di Calabria Citra, insieme ad altri patrioti come Benedetto Musolino, Luigi Miceli, Domenico Mauro, Tommaso Ortale, Eugenio De Riso e molti altri, in contumacia in carcere ai lavori forzati. La notifica della sentenza fu consegnata al fratello Luigi, al suocero Bonaventura Barone e affissa all’ingresso del municipio comunale.
Nel 1860 insieme al fratello Lugi fu tra i promotori del Comitato di Pro Liberazione di Belmonte costituitosi con l’obiettivo di agevolare il passaggio delle truppe garibaldine verso Napoli. Il coinvolgimento nell’organizzazione è testimoniato da un timbro del Comitato conservato dagli eredi della famiglia. La moglie, insieme ad altre nobildonne belmontesi, oltre a prestare assistenza medica ai feriti garibaldini, donò a Giuseppe Garibaldi una bandiera tricolore ricamata interamente a mano e attualmente conservata nella sala del municipio della città di Genova e per la quale ricevette una lettera di ringraziamento dall’eroe dei due mondi.
All’indomani dell’Unità d’Italia, il 15 maggio 1862 con la relazione del senatore Vincenzo De Monte fu nominato senatore del Regno d’Italia per la 21a categoria, riguardante le persone che da tre anni pagavano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria. La nomina fu convalidata il 1° luglio e nello stesso giorno prestò giuramento. La sua attività politica in Parlamento tuttavia non fu particolarmente significativa.
L’11 agosto 1867 gli fu conferita l’onorificenza di commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro.
Morì all’età di 70 anni in seguito a una lunga malattia. L’11 maggio 1876 fu commemorato daGiuseppePasolini, presidente del Senato del Regno d’Italia, che ricordò il suo animo patriottico che l’aveva esposto a persecuzioni e condanne da parte del governo borbonico. (Prospero Francesco Mazza) © ICSAIC 2024 – 2
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Nota bibliografica
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- Senato del Regno, Atti parlamentari, XII legislatura, discussioni, 11 maggio 1876 p. 51;
- Gabriele Turchi, Storia di Belmonte dalle origini alla fine del secolo XIX, Periferia, Cosenza 1963;
- Jole Lattari Giugni, I parlamentari della Calabria: dal 1861 al 1967, Morara, Roma 1967, p. 254;
- Francesco Spezzano,La lotta politica in Calabria: (1861-1925), Lacaita, Manduria 1968;
- Fulvio Mazza, Il tirreno cosentino: storia, cultura, economa, Rubbettino, Soveria Mannelli 2014, ad indicem.
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Nota archivistica
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- Archivio storico del comune di Belmonte Calabro, Registro delle nascite, atto n. 77, p. I, serie 1809;
- Archivio storico del Senato, fascicolo personale di Eugenio Del Giudice (1862-1876).