Giacomo Del Giudice [Belmonte Calabro (Cosenza), 18 settembre 1838 - 1 novembre 1902]
Era il primo di quattro figli del barone Eugenio Del Giudice e della gentildonna Michelina Amalia Barone e fu dichiarato allo stato civile con i nomi di Giacomo Antonio. Il padre fu uno di quei coraggiosi che nel 1848 presero parte ai moti liberali in Calabria. Fu condannato in contumacia ai lavori forzati ma il 15 maggio 1862 fu nominato Senatore del Regno d'Italia per la 21 ª categoria. La madre, anche lei animata da amor patrio, diede assistenza ai feriti garibaldini durante la spedizione dei Mille e donò a Garibaldi una bandiera tricolore, riccamente ricamata assieme ad altre tre nobildonne di Belmonte Calabro, bandiera che ora è conservata in una sala del Municipio di Genova.
Giacomo studiò letteratura, filosofia e matematica nelle Scuole Pie di Napoli e a vent'anni all'Università della stessa città si laureò in Scienze economiche, amministrative e giuridiche. A Napoli ebbe modo di frequentare ambienti liberali.
Ancor giovane entrò nella carriera amministrativa e fu consigliere di Prefettura a Cosenza e a Napoli. Esponente della sinistra risorgimentale, amico di Luigi Miceli, deputato del collegio di Paola che nel 1860 partecipò alla Spedizione dei Mille con Garibaldi, lo sostenne con grande impegno nel tentativo non riuscito di rielezione del 1863, dopo le clamorose dimissioni di 20 deputati della Sinistra per protesta contro il governo. Tale appoggio non piacque al ministro dell'Interno del tempo, Ubaldino Peruzzi, né tantomeno al segretario generale del ministero Silvio Spaventa che si sentirono sfidati sul terreno elettorale proprio da un consigliere di prefettura.
Rassegnò per protesta le dimissioni e nel 1865 si recò a Firenze, allora capitale d'Italia, per una sorta di tirocinio politico in vista di una rivincita. In quel periodo collaborò anche con alcuni giornali, tra cui il quotidiano l' «Italia » diretto da Francesco De Santis. Forte di approfonditi studi di scienze sociali e di nuove esperienze, alle elezioni del 1870 (XI legislatura) pose la sua candidatura per il Collegio di Paola. Fu eletto deputato al primo scrutinio, al posto di Giuseppe Valitutti, anche lui della sinistra, e iniziò una lunga e intensa carriera parlamentare. Poteva contare, infatti, sul sostegno della famiglia e su una forza economica derivante dal possesso di grandi proprietà terriere, con l'appoggio determinante del prefetto, del sottoprefetto, nonché dei sindaci del collegio, tutti "delgiudiciani" tranne quelli di Lago e di Amantea, divenne leader incontrastato nella zona e, con l'eccezione della XVIII legislatura, fu ininterrottamente confermato fino al 2 marzo 1897 (XIX legislatura) quando fu inaspettatamente sconfitto per la seconda volta (la prima nel 1890) da Roberto Mirabelli, suo avversario in diverse competizioni elettorali. Le ultime sue prove elettorali furono al centro di polemiche sulla stampa locale per presunti brogli e la giunta delle elezioni in qualche modo gli diede una mano in maniera non sempre trasparente.
Parola facile ed elegante, come scrissero di lui, alla Camera esordì con un discorso sul bilancio del ministero dell'Interno, guadagnandosi gli elogi del ministro Lanza. Fu vicino a Crispi. Lavorò sempre con competenza e grande impegno. Presentò cinque progetti di legge. Fu sua, tra l'altro, la relazione del 1878 sui progetti di legge riguardanti gli agenti di emigrazione e sulle disposizioni relative all'emigrazione del 1880, riproposte nella legislatura successiva, in cui, attento alla realtà sociale del Mezzogiorno, manifestò «l'intenzione di porre impedimenti all'emigrazione, almeno una volta per tutte, agli abusi degli agenti, spesso puri e semplici negrieri » (Volpe). Si trattava di un progetto chiaramente molto restrittivo, nel quale centrale era il ruolo delle norme di polizia per ostacolare l'emigrazione anche attraverso il controllo dell'attività degli agenti, mediante «una serie di obblighi (di licenza, di cauzione e di contratto con l'emigrante), responsabilità e sanzioni (sia pecuniarie che detentive) per i casi di inadempienza ». Sempre puntuale nei lavori della Camera, intervenne anche sulla riforma della guardie doganali e sul progetto di rofrma della legge elettorale, sostenendo nel suo discorso la necessità dello scrutinio di lista.
Militò sempre nelle file della Sinistra. E fu il primo deputato dell'opposizione a essere eletto, il 20 novembre 1876, Segretario dell'Ufficio di Presidenza della Camera, incarico che mantenne fino al 2 maggio 1880, quando con altri 156 deputati votò a favore del governo Cairoli, contro una anomala coalizione tra la Destra ed elementi della Sinistra e la legislatura s'interruppe.
L'anno dopo fu nominato Segretario Generale al Ministero dei Lavori Pubblici, si dimise da deputato ma gli elettori lo confermarono nuovamente. Nel ruolo di Segretario Generale fino al 1883, s'impegnò in un vasto programma di opere pubbliche per la sua regione, dal completamento della rete stradale ordinaria (già nel 1873 si era impegnato per la strada da Montalto Uffugo a Fuscaldo, attraversando San Benedetto Ullano), alla ferrovia Eboli-Reggio Calabria, alla bonifica della Valle del Crati. Immerso nella vita politica e sociale romana, quando la Sinistra storica decise di fondare un proprio quotidiano egli partecipò alla fondazione della Società anonima editrice de «La Tribuna », sottoscrivendo alcune quote. Rientrato quindi a tempo pieno a Montecitorio, vi rimase fino alla sconfitta del 1897. In seguito fece parte del Consiglio superiore delle tariffe ferroviarie dal quale si dimise nel 1900.
Morì tre anni dopo all'età di 64 anni, celibe e senza figli, nella sua casa di Piazza Parlamento a Belmonte. Il suo paese natale lo ricorda con una via a lui intestata. (Aldo Lamberti) © ICSAIC 2020
Nota bibliografica
- Gabriele Turchi, Storia di Belmonte dalle origini alla fine del secolo XIX, Periferia, Cosenza 1963;
- Jole Giugni Lattari, I parlamentari della Calabria dal 1861 al 1967, Casa Editrice Morara, Roma 1967, pp. 254-256;
- Francesco Volpe, Calabria: Storia e Cultura (1815-1922), Laruffa Editore, Reggio Calabria 1992, p. 72;
- Gabriele Turchi, Giacomo del Giudice insigne uomo politico calabrese, «Calabria Letteraria », XLI, 4, 2001, pp. 107-108;
- Luigi Musella, Mirabelli, Roberto, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 74, Roma 2010;
- Dolores Freda, La legislazione sulle migrazioni italiane fino al 1901, «Studi Emigrazione », LVI, 215, 2019, p. 383.
Nota archivistica
- Comune di Belmonte Calabro, Registro degli atti di morte, atto n. 70 del 2 novembre 1902.