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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  ISBN: 978-88-941045-8-5

  A cura di Pantaleone Sergi

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Domanico, Domenico Vincenzo

Domenico Vincenzo Domanico [Rogliano (Cosenza), 26 febbraio 1828 – 29 aprile 1911]
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Nato da Giovanni e Raffaella Vercillo il 26 febbraio 1828, all’anagrafe fu dichiarato il 18 marzo successivo. Dopo due giorni fu battezzato nella chiesa di Santa Lucia, nel rione Cuti. Apparteneva a una famiglia di proprietari terrieri con notevoli possedimenti in Sila e nel Savuto.

Non si hanno notizie certe circa i suoi studi giovanili. Verosimilmente li svolse a Cosenza nel ginnasio dove un suo parente, il filosofo illuminista Pietro Clausi, aveva lasciato impronta di rinnovamento culturale e organizzativo.

Giovanissimo, il 18 febbraio 1846 sposò Maria Caterina Cardamone, nata a Parenti il 28 aprile 1822 da Domenico, di famiglia di proprietari terrieri con cospicui terreni in Sila, e da Francesca Giuseppina Ferrari, di facoltosa famiglia di Cropani.

I due coniugi ebbero numerosa prole: Francesca Maddalena (25-11-1849), Maria Carmela Carlotta (24-2-1851), Carmelo Raimondo Giovanni Battista (15-7-1852), Carlo Giovanni Battista (3-8-1853), Giovanni Rocco (17-8-1855, il futuro anarchico-rivoluzionario, tra i fondatori del socialismo in Calabria), Maria Cristina Fortunata (5-5-1858), Maria Aloisia (14-8-1860), Maria Luigia (21-6-1863).

Conseguì buoni livelli culturali, in special modo nella letteratura filosofica, nella conoscenza del pensiero risorgimentale, in particolare quello di Gioberti, ma soprattutto nelle discipline più propriamente empiriche e sperimentali. In questa seconda dimensione culturale s’impegnò da giovane, mentre nella prima in età più matura.

Assunse posizioni liberali, partecipando alle attività risorgimentali svoltesi nella sud-Cosentino, relazionandosi con i Morelli, concittadini e amici di famiglia.

Subito dopo l’Unità d’Italia fu consigliere comunale di Rogliano, distinguendosi soprattutto per l’impegno a favorire migliori condizioni scolastiche per la gioventù locale, al punto che in una seduta consiliare piuttosto vivace, con all’ordine del giorno la nomina di un nuovo maestro di scuola, si scontrò con i componenti della sua stessa parte politica, affermando: « (…) siete  fermamente decisi a nominare un tale che oltre di non avere licenza di Maestro, non ha nessun requisito per essere, non dico buono, ma mediocre maestro, Adunque si vuole ridurre l’istruzione pubblica peggio dei tempi borbonici?».

Fu più volte nominato delegato scolastico mandamentale di Calabria Citeriore, per l’area del Savuto.

Ma la sua passione per l’intraprendenza e l’industriosità ebbe il sopravvento, così, «potendo contare sull’amicizia di svariati uomini di governo, non soltanto calabresi, si rese promotore di una moderna viticoltura tendente a valorizzare il vino del Savuto». Seppe sfruttare, soprattutto, «le sue proprietà in termini di rendita agraria, ma impiegò i mezzi a sua disposizione in iniziative ancora più redditizie e più moderne: nell’industria chimica, aprendo un laboratorio per la produzione del cremore di tartaro; e uno stabilimento per il vino del Savuto da esportazione».

In una polemica pubblica che il Domanico ebbe con il cav. Michele Fera, noto professore di scienze naturali nel ginnasio di Cosenza, si possono cogliere le sue profonde conoscenze enologiche, nonché la sua capacità di guardare lontano, in una zona peraltro atavicamente depressa e immobile. «Quando io pel primo introdussi in commercio il mio vino imbottigliato appellandolo “Savuto Vecchio” - si legge nella sua “Lettera enologica” - io partiva da una segreta veduta, importantissima sotto il punto di vista agricolo ed economico per tutti i Mandamenti che costituiscono la nostra valle del Savuto. Questa idea ardita consisteva appunto: 1° di dare un grande impulso alla coltivazione di buoni vitigni in tutti i territori riparati dai venti boreali; 2° di riunire le uve in uno o più vasti stabilimenti vinicoli (senza di cui non si può ottenere grande quantità di vino di tipo costante per l’esportazione) mediante l’associazione di tutti i proprietari di vigneti. Insomma la mia idea era quella di potere col tempo, migliorando a poco a poco la qualità delle uve e la fabbricazione del vino, dare al nostro “Savuto Vecchio” la celebrità del Bordeaux e dotare le nostre contrade di una grande risorsa economica».

La produzione del suo “Savuto Vecchio” non era molta, ma il vino risultava di ottima qualità. Ebbe, infatti, molti apprezzamenti e vinse numerosi diplomi e medaglie nelle varie fiere campionarie provinciali e nazionali, ma in qualche caso anche europee.

Nella sua azione di produzione/promozione del vino del Savuto “don Mimì”, oltre a quello di Rogliano, aprì un altro stabilimento a Napoli, entrambi segnalati nella sua carta intestata che, in caratteri cubitali e rilevante cromaticità, portava scritto: «Domenico Domanico di G.ni - Premiato Stabilimento Vinicolo, in Rogliano di Calabria. Napoli - Via Costantinopoli 125,129,130 - Napoli. Deposito e Laboratorio a Poggioreale». E ancora: «Vini fini e da pasto di produzione propria - Champagne - Marsala - Vermout - Liquori Esteri e Nazionali - Olio d’Oliva - Coloniali - Prodotti Chimici e Farm.ci - Specialità Medicinali ed Accessori Terapeutici - Concessionario e Depositario delle Case: V.ve G. Furlaud & C° di Cognac, J. & B. Maurin di Bordeaux, A. Devaux Fils d’Epernaj - Grosso - Dettaglio - Esportazione».

Tanto evidenzia come il Domanico avesse ben compreso l’importanza della pubblicità nel diffondere il suo prodotto. Furono diversi, tra l’altro, i giornali che riportarono suoi annunci pubblicitari, come il seguente, apparso sui numeri della rassegna “L’Italia enologica”, dell’anno 1887: «Stabilimento vinicolo, in Rogliano (Cosenza) - Domenico cav. Domanico - Vini da pasto fini - Savuto 1882, £ 1 15 - Savuto 1884, £ 0 95, per bottiglia incassata - Savuto 1886, cent. 55 al litro, fusto da restituire - Consegna alla stazione di Cosenza - Vini bianchi spumanti e liquorosi di imitazione - Fragola spumante specialità».

Nel settembre 1889 il figlio Giovanni si recò in Argentina (Buenos Aires, Calle Wast n. 2482) per impiantarvi un’azienda vinicola e proporre il “Savuto Vecchio”, ma l’iniziativa non ebbe successo, perché il rivoluzionario s’interessò più di politica che di commercio. Infatti, «il suo proposito fu quello di appurare i risultati ideologici, inculcati da un precedente viaggio di Malatesta e Pietro Gori nei movimenti democratici locali, specificatamente nel movimiento obrero di matrice socialista e anarchica».

Lo stesso tornò in Italia appena dopo due anni.

Nel “palmares” del “Cav. Domanico Domenico” per la produzione del suo vino del Savuto risultano i seguenti premi e riconoscimenti.

Medaglia d’argento del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, per l’Esposizione Agricola Provinciale di Cosenza nel 1874.

Diploma con medaglia d’oro di seconda classe al merito scientifico, agrario, filantropico, dell’Associazione dei Benemeriti Italiani, a Palermo, nel 1881.

Medaglia d’argento del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio,

per l’Esposizione del Consorzio Agrario Regionale di Cosenza, nel 1881.

Medaglia d’argento del Consorzio Agrario di Roma per la Fiera dei vini nazionali nel 1884.

Medaglia d’argento del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, per la XV° Fiera Concorso di vini Nazionali a Roma, nel 1891, per l’annata 1888.

Diploma Gran Prix con medaglia d’oro de “Le Jardin des Tuileries” di Parigi, per la 22° Esposizione Internazionale di Culinaria d’Alimentazione e di Igiene (1900?).

Medaglia d’argento di I^ classe, del Reale Istituto d’Incoraggiamento di Napoli, per l’Esposizione Olii e Macchine nel 1895.

Medaglia d’oro della prima Esposizione Campionaria Internazionale, tenutasi a Napoli nel 1904-1905.

Croce insigne e medaglia d’oro dell’Esposizione Internazionale di Firenze, tenuta nel giugno-luglio 1905.

Conservatore di profonda cultura religiosa, Domenico Domanico, in età più matura, approfondì gli studi di letteratura e filosofia, che gli permisero di scrivere e dare alle stampe il volume “La Questione Religiosa e la Conciliazione”, con l’intento di «dimostrare la esistenza di Dio, la creazione e un ampio sistema cosmogonico in un immane tentativo di conciliare scienza e teologia, antico e moderno, la monarchia e la libertà».

Si tratta di un’opera che «risente, pur nell’ampollosità e nelle “stranezze”, di un certo gusto positivista di trattare questioni religiose, per dimostrarne la infondatezza di fronte al rigore della Scienza, ma nello stesso tempo di ricercare, in tutta l’armonia del “cosmo”, una scintilla di luce divina, o un disegno provvidenziale». Nella visione del Domanico «il problema politico religioso, non esce frattanto fuori dai termini della conservazione sociale». Nella sua opera «non vi è alcun riferimento allo stato di malessere delle popolazioni meridionali dopo l’unità, né ai contadini, né alla situazione del Mezzogiorno - Se mai vi è in senso contrario, di condanna delle insurrezioni sociali».

Morì a Rogliano il 29 aprile 1911. (Leonardo Falbo) © ICSAIC 2024 – 2

Opere

  • La questione religiosa e la conciliazione, Dalla Tipografia di R. Riccio, Cosenza 1887 (1889).
  • Lettera enologica di Domenico Domanico al Sig. Prof. Cav. Michele Fera, Tipografia dell’Indipendenza, Cosenza 1876.

Note bibliografiche

  • «L’Italia enologica. Rassegna dell’Industria e del Commercio dei vini», Organo del Circolo Enofilo Italiano, a. 1887.
  • Cattedra Ambulante di Agricoltura per la Provincia di Cosenza. Sezione di Rogliano (a cura di), Relazione sul Vino tipico del Savuto, datt., Rogliano, s.d.
  • Antonio Guarasci, I Domanico: alle origini del cattolicesimo politico e del socialismo in Calabria, in «Calabria contemporanea», n. 1, Cosenza 1972.
  • Narduccio Falbo, Il vino del Savuto: l’abbandono di una celebrata risorsa, in «Rostema», Rogliano, novembre 1985.
  • Giuseppe Masi, Domanico Giovanni, in Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea, https://www.icsaicstoria.it/wp-admin/post.php?post=4339&action=edit.

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