Michele Guerrisi [Cittanova (Reggio Calabria) - 23 febbraio 1893 - Roma, 29 aprile 1963]
Nacque da Pasquale e Filomena Barbaro, maestra elementare, originaria della vicina Palmi. Una volta completato il primo ciclo, si trasferì a Palmi, ospite dei nonni materni, per proseguire gli studi e qui ebbe modo di frequentare lo studio d'arte pittorica di Domenico Augimeri, artista formatosi a Napoli con Domenico Morelli e Filippo Palizzi.
La passione per l'arte, probabilmente, gli venne trasmessa dal padre, eccellente disegnatore e collezionista di oggetti e opere d'arte. A sedici anni il padre, contrariamente alla sua volontà che era quella di frequentare l'Istituto di Belle Arti a Napoli, lo iscrisse al liceo «Galileo Galilei » di Firenze e questa scelta, subita come un imposizione, sarà in seguito da lui considerata come una tappa fondamentale per la sua formazione. Terminato il liceo si recò a Roma «per avere una conoscenza diretta della più antica classicità ». Iscrittosi all'Università in Lettere, tentò, con esito negativo, l'esame di ammissione all'Accademia di Belle Arti. La delusione fu cocente, ma altrettanto forte fu la reazione per l'insuccesso, vissuto come un'onta da riparare. Abbandonò l'Università e si concentrò nello studio del disegno geometrico ricopiando bassorilievi e statue, ma decise di sostenere la prova di ammissione a Napoli. Superato brillantemente l'esame entrò nella Scuola di scultura dove ebbe come maestri Achille D'Orsi e Luigi De Luca. Galvanizzato da questo successo riprese gli studi universitari e nel 1916 conseguì prima il diploma all'Accademia di Napoli e qualche mese dopo la laurea in Lettere all'Università di Roma.
Nel 1920 pubblicò, a sue spese, Dei valori ideali e pratici nella storia dell'arte, il suo primo lavoro di critica. In questo stesso anno si classificò secondo al concorso per l'insegnamento della storia dell'arte all'Accademia di Napoli e un suo gesso, Prima ruga, venne ammesso alla XII Biennale di Venezia. Nel 1921 partecipò alla prima Esposizione biennale nazionale d'arte di Napoli con le sculture in gesso Monumento agli studenti caduti per la patria, Ritratto del pittore San Malato e Ritratto di Leonida Repaci; sempre in quell'anno, alla prima Biennale d'arte romana, espose Medusa "che ginocchioni tenta di strapparsi i serpenti dalla testa". Stabilì il suo studio a Napoli, a villa Lucia, nei pressi di quello di Vincenzo Gemito, con il quale strinse amicizia e da cui ricevette preziosi insegnamenti. Tra il 1921 e il 1922 fu titolare della cattedra di storia dell'arte presso l'Accademia di belle arti di Carrara e, nel 1922, presso l'Accademia Albertina di Torino, dove abitò e insegnò fino al 1941. Tra le varie commissioni si ricordano i numerosi monumenti ai caduti della prima guerra mondiale, di gusto prettamente ottocentesco. La serie dei monumenti ai caduti della Grande Guerra viene inaugurata nel 1921 dal monumento agli studenti dell'Università di Napoli, cui segue, nel 1923, il monumento di San Giuliano (Cambobasso), nel 1924 quello della sua città natale Cittanova ("La Sentinella") poi il monumento a " Michele Bello" ed ai caduti di Siderno (RC), nel 1926 ai caduti di Montecalvo Irpino (AV), nel 1928 di Ariano di Puglia, nel 1929 quello in piazza Matteotti di Palmi (RC), nel 1930 monumento in piazza Toti di Luzzara (RE) e nel 1933 quello di Catanzaro. Realizzò altri monumenti a Oliveto Citra (SA), Castellabate (SA), Serrata e Delianuova (RC).
Nel 1926 prese parte alla XV Biennale di Venezia e alla LXXXIV Esposizione di arti figurative della Società promotrice di belle arti di Torino rispettivamente con il gesso Nudo di donna e con uno dei gessi per il Monumento ai caduti di Montecalvo Irpino e con il bronzo Testa di negra.
A Torino, alla Quadriennale del 1927, presentò Donna negra e Frate Sole e all'esposizione della Società promotrice di belle arti dell'anno seguente Le madri, particolare del Monumento ai caduti di Palmi. Nel 1930 diede alle stampe i Discorsi sulla scultura che, come dichiarato nella nota al lettore, nascevano dall'esigenza di chiarire, innanzi tutto a se stesso, cosa fosse la scultura, di tracciava la storia da quella egizia a quella contemporanea.
Le conclusioni ripropongono le concezioni culturali proprie dell'ideologia del regime fascista. Egli , infatti, afferma che la scultura è "l'arte italiana per eccellenza" e che si può superare la crisi dovuta al persistere dell'ampollosità ottocentesca solo grazie al rinnovato" spirito italico. Sono le nuove generazioni, quindi, che devono assumersi "il compito storico di un nuovo rinascimento, che vorrà essere non ritorno a questo o a quello spirito, ma ritorno all'essenza e alla moralità stessa dell'arte". A questi ideali di purezza della forma restituita all'originario rigore classico sono, ad esempio, improntate le sculture in bronzo (il bassorilievo con la Sepoltura di Cristo e il gruppo di figure a tutto tondo raffiguranti la Resurrezione di Lazzaro) realizzate tra il 1930 e il 1937 per la cappella funebre della famiglia Vaciago nel cimitero Monumentale di Torino. Durante la sua permanenza nel capoluogo piemontese avviò una collaborazione con La Gazzetta del popolo, per la quale curò dal 1933 fino a febbraio del 1937, la pagina di cultura e di arte con articoli, commenti e recensioni. Da luglio a settembre di quello stesso anno collaborò, invece, con Il Mattino di Napoli, per il quale scrisse prevalentemente articoli di critica.
Nel 1931 partecipò, in Spagna, all'Esposizione internazionale d'arte di Barcellona con il bronzo Testa di negra. Da questo stesso anno, con Nudo di donna, iniziò a prendere parte regolarmente alle esposizioni della Quadriennale d'arte nazionale di Roma. Dal 1929 al 1941 partecipò a Torino alle esposizioni organizzate dal Sindacato fascista di belle arti del Piemonte.
Nel 1933 prese parte alla prima mostra del Sindacato nazionale fascista di belle arti a Firenze con Ragazza seduta e con Il ritratto di Giorgio De Chirico (Firenze, Galleria d'arte moderna). Nel 1934 alla XXXV Mostra della Società degli amici dell'arte di Torino presentò Ragazza accovacciata (Roma, collezioni del Quirinale). Nel 1932, con il saggio La nuova pittura, torna sulle problematiche della raffigurazione con la finalità di «liberare la critica dalle soprastrutture romantiche di superata filosofia, che rispuntavano qua e là nelle contaminazioni di non aggiornate culture antiche in molti seguaci delle teorie crociane ».
Nel 1941 si trasferì a Roma come docente di scultura presso l'Accademia di belle arti (di cui diverrà direttore nel 1952) e, nello stesso anno, gli venne commissionata la statua raffigurante la Filosofia per il palazzo della Civiltà e del lavoro dell'EUR. Partecipò anche all'Esposizione del Sindacato nazionale fascista di belle arti (1941), all'interno della sezione piemontese, con il Ritratto del pittore Miradio (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna). Dai primi anni Cinquanta si dedicò allo studio dell'arte religiosa e pubblicò su «Fede ed Arte », rivista internazionale di arte sacra, tra il 1953 e il 1961 nove saggi sull'argomento, spaziando dalla figurazione del sacro all'estetica del cubismo fino alla percezione dell'immagine nella Chiesa.
Pur risiedendo stabilmente a Roma, continuò a mantenere sempre rapporti con la Calabria. Nel 1951 ricevette l'incarico di realizzare otto rilievi per il basamento del monumento a Francesco Cilea a Palmi: di gusto severamente arcaico, essi raffigurano la Favola di Orfeo, che commenterà in un poemetto in distici ottonari, pubblicato a Roma nel 1958. Sempre nel 1951 inviò a Reggio Calabria un Ritratto di Francesco Cilea (oggi nell'atrio del teatro Comunale della città ) e, l'anno successivo, eseguì per il lungomare le statue di Giovanni Pascoli, Diego Vitrioli e Ibico. Nel 1952 pubblicò a Milano L'idea figurativa in cui, partendo dall'assunto che «la realtà naturale non è che pura astrazione », prende in esame il rapporto tra l'idea figurativa, la rappresentazione artistica, la storia e la critica. Nell'Errore di Cézanne ribadì, invece, il suo credo nell'ideale classico contro ogni forma di deviazione dalle norme consolidate dalla tradizione come, tra i primi, aveva fatto il pittore francese. Nel 1954, presso il palazzo delle Esposizioni di Roma vennero esposti suoi dipinti a olio e ad acquerello e nel 1957 fu inaugurato a Taverna il Monumento a Mattia Preti.
Nelle sue ultime opere le forme appaiono ancora più rigorosamente severe: si ricordano, in particolare, i rilievi (1956) per le fiancate esterne del palazzo delle Assicurazioni di Torino nella sede di Roma sul lungotevere Arnaldo da Brescia; la drammatica Deposizione per la chiesa di S. Giovanni Bosco (1958) o, ancora, la porta centrale per la chiesa degli Artisti di S. Maria del Popolo (1963) a Roma. La morte lo colse, purtroppo, nel pieno della sua attività . Nel 1965 all'interno della IX Quadriennale fu allestita una breve retrospettiva dell'opera dell'artista. Numerose opere, prevalentemente bozzetti in gesso, donati dalla moglie Marta Rempte al comune di Palmi, sono oggi conservate presso la «Gipsoteca Guerrisi » all'interno della Casa della Cultura di Palmi; alcuni dipinti con Vedute di Roma fanno parte delle collezioni della Galleria comunale d'arte moderna e contemporanea di Roma. (Antonio Orlando) © ICSAIC 2020
Opere edite
- Dei valori ideali e pratici della Storia dell'arte, D'Errigo, Napoli 1920;
- Dalle botteghe agli studi, Le belle arti, Torino 1926;
- La nuova pittura, L'erma, Torino 1932;
- Discorsi sulla pittura, L'Erma, Torino 1931;
- Lo spirito dell'architettura romana, Domus, Milano 1935;
- Roma e le antiche civiltà , Scena Illustrata, Roma 19135;
- Il giudizio di Michelangelo, AVE, Roma 1947;
- L'idea figurativa, Mondadori, Milano 1952;
- L'errore di Cezanne, Nistri Lischi, Pisa 1954;
- Pigmalione - poesie, Nosside, Roma 1956.
Nota bibliografica
- Nino Zucco, Una mostra personale di Michele Guerrisi, «Voce di Calabria », 26 marzo 1954;
- Pino Stampini, Uno scultore che ha nel sangue la virtù dei Greci, «Rotosei », 26 luglio 1957;
- G. Orioli, Michele Guerrisi scultore e poeta, «Semaforo », luglio-agosto 1957, pp. 13-15;
- Nino Zucco, Incontro con Michele Guerrisi, «La Tribuna del Mezzogiorno », 30 aprile 1958;
- L. Consolo, Guerrisi poeta. La favola di Orfeo, «Brutium », XXIX, 2, 1960;
- Felice Ludovisi, Michele Guerrisi in Catalogo della IX Quadriennale nazionale d'arte di Roma, Roma 1965;
- Fortunato Valenzise, Michele Guerrisi: un maestro, «Calabria sconosciuta », XVII, 61, 1994;
- Luigi Malice, Michele Guerrisi, in Le scuole di Reggio e della provincia, a cura di Plga e Mimmo Aliquò, Fata Morgana Editrice, Reggio Calabria 1996, pp. 20-27;
- Maria Viveros, Guerrisi, Michele, Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 60, Enciclopedia Treccani, Roma 2003;
- Antonio Minasi, Il sussurro dell'angelo. Frammenti di memoria. Palmi e la Casa della cultura, Laruffa Editore, Reggio Calabria 2004;
- Angela Avenoso (a cura di), Michele Guerrisi cinquant'anni dopo, «Corriere della Piana », numero speciale, 21 dicembre 2013.