Franco Lavinj [Reggio Calabria, 10 (14) agosto 1918 – Robilante (Cuneo), 18 dicembre 1944]
Nasce da Carlo e da Ada Ferrero, in una casa del popoloso quartiere di Reggio Campi; il padre è un noto architetto e ingegnere che si era trasferito a Reggio per partecipare alla ricostruzione della città rasa al suolo dal terremoto del 1908. Ideatore e progettista del Teatro Comunale Francesco Cilea che, al tempo rappresentava un’opera monumentale e prestigiosa per il rilancio della città dello Stretto.
Franco Lavinj, frequenta le scuole a Reggio conseguendo la maturità al Liceo Classico Tommaso Campanella, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Messina per trasferirsi poco dopo a Roma. Viene chiamato alle armi con la leva del 1938 come soldato e lasciato in congedo illimitato, ma con l’obbligo di frequentare il corso allievi ufficiali di complemento.
Rinvia il servizio militare per
seguire gli studi universitari sino al 14 gennaio 1941, in quanto nel mese successivo, il 25 febbraio rinuncia al beneficio del ritardo per essere destinato ai reparti mobilitati al fronte. Viene richiamato subito dopo, e assegnato al Deposito 51° Reggimento Fanteria Perugia; ad aprile dello stesso anno è nominato caporale e a giugno del 1941 è promosso sergente. A maggio del 1942 è nominato allievo ufficiale di complemento nella scuola Allievi Ufficiali di complemento dell’Aquila e ad agosto è assegnato alla prima nomina come Sottotenente nell’89° Reggimento Fanteria.
Franco Lavinj, dopo l’otto settembre 1943, si avvicina agli amici di Giustizia e Libertà che conosce dai tempi dell’università e aderendovi, milita nella Brigata “Val Gesso”, con il nome di battaglia di “Raffaele”. Prima della guerra, Lavini risiedeva a Roma dove studiava Legge all’Università La Sapienza e sempre nella Città Eterna conobbe e divenne amico di Mario Rufini, nome di battaglia “Roberto”, che durante la Resistenza comanderà la banda "Entracque" di Giustizia e Libertà, operante nel Cuneese, in Val di Gesso.
Lavinj aveva il comando, con il nome di battaglia di "Raffaele", di un distaccamento della stessa banda.
La zona precollinare che congiunge Cuneo a Caraglio diventa nel novembre 1944 di capitale importanza per le formazioni partigiane delle valli Stura, Grana, Maira per i loro rifornimenti in pianura, dal momento che ingenti forze fasciste chiudono ormai l’imbocco di queste valli. Inoltre, i partigiani uccidono a Cuneo, il maggiore Leone Bernabé della Divisione Littorio con il figlio Ermanno, il giorno 18 novembre. Per rappresaglia i reparti di tale divisione conducono un massiccio rastrellamento dei territori della pianura agricola compresi fra Cuneo e Caraglio nella notte fra il 26 e il 27 novembre 1944, sorprendendo molti giovani che vengono uccisi e altri catturati.
Quando i repubblichini della Littorio, il 26 novembre 1944, catturarono Lavinj, il giovane ufficiale si trovava probabilmente con il suo amico e comandante "Roberto", anche se altri fonti fanno dedurre che si incontrarono da prigionieri. I due ufficiali caduti in mani nemiche videro la possibilità di salvarsi, in quanto fu offerta loro la vita e la libertà a prezzo dell’adesione alla Repubblica Sociale Italiana, ma essi rifiutarono ogni compromesso. Mario Rufini e Franco Lavinj furono consegnati ai brigatisti neri di Cuneo, portati sulla strada tra Roccavione e Robilante. I brigatisti spararono alle gambe e così immobilizzati, li irrorarono di benzina e li arsero vivi tra terribili grida di dolore che andarono avanti per diverse ore sino ad essere trasformati in cenere. La Brigata GL "Val Gesso" perdeva, in questo modo atroce, due dei più preparati quadri partigiani delle Divisioni "Giustizia e Libertà" del Cuneese.
Quando Franco Lavinj morì era un ragazzo di 26 anni, alto un metro e ottanta, con i capelli rossi e gli occhi castani.
Nel dopoguerra fu decorato con medaglia d'argento al valor militare alla memoria, con la seguente motivazione: «Combattente della libertà, in sei mesi di dura lotta forniva ripetute e chiare prove di valore, dimostrandosi, anche organizzatore capace e fervido animatore. Caduto in mani nemiche rifiutava vita e libertà che gli venivano offerte aprezzo del suo arruolamento al servizio dei tedeschi. Affrontava, così, la morte che, infertagli in modo atroce, troncava la sua giovane esistenza, immolata agli ideali di libertà e di Patria – Robilante (Cuneo), 19 dicembre 1944».
La Città di Reggio Calabria gli ha intitolato la via Argine destro del Torrente Calopinace. (Fabio Arichetta) © ICSAIC 2023 – 09
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Nota archivistica
- Atto di Nascita Comune di Reggio Calabria, Inv. 77, b. 3361, atto n. 919, 1899.
- Archivio di Stato di Reggio Calabria, Ruoli matricolari vol. 621, matricola 997.
- https://www.anpi.it/donne-e-uomini-della-resistenza
- https://www.anpi.it/biografia/franco-lavinj
- https://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/CERVASCA,%2026.11.1944.pdf
Nota bibliografica
- Pino Ippolito Arminio, Storia della Calabria Partigiana, Pellegrini, Cosenza 2020, pp. 214-218
- Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, anno 94° - n. 94 - parte prima, giovedì 23 aprile 1953.