Giorgio Marincola [Mahaddei Uen (Somalia), 23 settembre 1923 – Castello-Molina di Fiemme (Trento), 14 maggio 1945]
Ricordato come il «partigiano nero», nasce in Somalia, in un presidio militare italiano a cinquanta chilometri a nord di Mogadiscio, da Giuseppe (Pizzo Calabro, 1891 – Roma 1956), maresciallo maggiore di fanteria, e dalla somala Aschirò Hassan, nativa di Harardere, cittadina distante 400 km da Mogadiscio. È battezzato e prende il nome del nonno paterno; due anni dopo a Mogadiscio nasce la sorella Isabella che prende quello della nonna. Quando il maresciallo Marincola lascia la Somalia per tornare in Italia porta con sé i due figli, e nel giugno 1926 sposa Elvira Floris, una ragazza sarda sorella di un suo commilitone, e si stabilisce a Roma portando con sé solo la figlia; Giorgio, invece, resta a Pizzo, affidato allo zio Carmelo e alla moglie Emilia Calcaterra che non hanno avuto figli. A Pizzo, il ragazzo, vive in un ambiente di grande libertà e dagli amici riceve il soprannome di “Yò yò”. Nel 1933, dopo la morte dello zio, Giorgio raggiunge il padre a Roma. Frequenta il liceo-ginasio Umberto I e ha per insegnante di Storia e Filosofia Pilo Albertelli, esponente del movimento liberal-socialista di Guido Calogero e di Aldo Capitini, che sarà poi ucciso alle Fosse Ardeatine. Albertelli esercita sul giovane Giorgio una profonda influenza e inciderà sulle sue successive scelte. Nel 1941, concluso il liceo, Giorgio si iscrive alla facoltà di Medicina e aderisce al Partito d'Azione, militando nella terza zona che comprende i quartieri Salario, Parioli, Nomentano e Montesacro. Nel 1943, ancora studente di medicina, entrò nelle formazioni armate del Partito d’azione, partecipando così alla Resistenza romana. Costretto ad abbandonare Roma ai primi di marzo del 1944, dopo l'arresto di Albertelli e quello di un altro compagno, Corrado Giove, trascorre un breve periodo nel Viterbese con il Gruppo Bande "Pironti" (dal nome del conte Giuseppe Pironti organizzatore delle prime formazioni partigiane operanti fra Viterbo e Prima Porta) per rientrare, poi, nella capitale nei giorni della Liberazione.
È tra i partigiani che occupano la redazione del quotidiano Il Messaggero, pilastro della propaganda fascista, e la sede della milizia della strada in via Brenta nel quartiere Coppedè. Roma è libera ma Giorgio ha ormai deciso di battersi a oltranza contro il nazifascismo. Il 19 giugno, così, si arruola
nello Special Operations Executive, l'intelligence militare britannica, che sulle colline di Monopoli, in Puglia, sta organizzando una brigata internazionale con partigiani provenienti da tutta Italia e anche dall'estero. Prende il nome di battaglia "Mercurio" e inizia la sua attività.
La sera del 20 agosto viene paracadutato, insieme a Edgardo Sogno (il conte torinese, fedele alla dinastia sabauda, era il tramite fra i servizi britannici e il Corpo Volontari della Libertà) e altri cinque compagni, nei pressi di Zimone, a sud di Biella. Portano armi, munizioni e una radio ricetrasmittente per le formazioni Giustizia e Libertà, il braccio armato del Pd'A, in una zona controllata dai garibaldini di Gemisto (al secolo Francesco Moranino). Durante una delle numerose attività di sabotaggio è ferito a una gamba e nel gennaio del 1945 viene arrestato. Tradotto a Biella nella famigerata Villa Schneider, dove ha sede il comando della polizia militare tedesca, viene costretto a parlare dai microfoni di Radio Baita, un'emittente che ha lo scopo di diffondere notizie false e propaganda antipartigiana, ma Mercurio ha il sorprendente coraggio di proclamare in diretta la sua fedeltà ai principi di giustizia e di libertà, nettamente antitetici al fascismo. In febbraio viene trasferito nelle carceri di Torino e nel mese di marzo al campo di concentramento nazista Polizeilicher Durchganglager di Bolzano che il 30 aprile 1945 viene consegnato alla Croce Rossa Internazionale. Quel giorno Mercurio rifiuta di salire su un camion della Croce Rossa che lo avrebbe portato al sicuro in Svizzera, nonostante gli fosse ordinato dal comando della missione, e insieme a un compagno di prigionia di nome Vittorio si dirige verso la Val di Fiemme per prendere contatti con il CLN di Cavalese (TN) che organizza uno dei più intensi movimenti partigiani del Trentino.
Il 14 maggio viene ucciso, insieme ad altri dieci partigiani e a dieci civili, nel villaggio di Stramentizzo, a Castello-Molina di Fiemme, da una colonna SS in ritirata. Aveva solo 22 anni.
È stato decorato con la medaglia d'oro al valor militare alla memoria. Questa la motivazione: «Giovane studente universitario, subito dopo l'armistizio partecipava alla lotta di liberazione, molto distinguendosi nelle formazioni clandestine romane, per decisione e per capacità. Desideroso di continuare la lotta entrava a far parte di una missione militare e nell'agosto 1944 veniva paracadutato nel Biellese. Rendeva preziosi servizi nel campo organizzativo ed in quello informativo ed in numerosi scontri a fuoco dimostrava ferma decisione e leggendario coraggio, riportando ferite. Caduto in mani nemiche e costretto a parlare per propaganda alla radio, per quanto dovesse aspettarsi rappresaglie estreme, con fermo cuore coglieva occasione per esaltare la fedeltà al legittimo governo. Dopo dura prigionia, liberato da una missionealleata, rifiutava porsi in salvo attraverso la Svizzera e preferiva impugnare le armi insieme ai partigiani trentini. Cadeva da prode in uno scontro con le SS germaniche quando la lotta per la libertà era ormai vittoriosamente conclusa».
Per ricordarlo una fermata della metro C di Roma, che collegherà San Giovanni e Fori Imperiali, porterà il suo nome. (Pino Ippolito Armino e Pantaleone Sergi) © ICSAIC 2023 – 02
Nota bibliografica
- Carlo Costa, Lorenzo Teodonio, Razza partigiana. Storia di Giorgio Marincola (1923-1945), lacobelli editore, Guidonia (Roma) 2008;
- Dacia Valent, Il Partigiano nero. Storia di Giorgio Marincola, Medaglia d’oro della Resistenza, Sito Mediazione culturale, 17 ottobre 2016; https://www.didaweb.net/mediatori/articolo.php?id_vol=8772
- Pino Ippolito Armino, Storia della Calabria partigiana, Pellegrini, Cosenza 2020, pp. 56-58;
- Lara Tomasetta, “Vi racconto mio zio Giorgio Marincola, il partigiano nero che finalmente oggi l’Italia riconosce”, TPI – The Post Internationale, 27 agosto 2020, https://www.tpi.it/cronaca/partigiano-giorgio-marincola-morto-italia-20200827654134/.