Antonio Migliaccio [Girifalco (Catanzaro), 9 gennaio 1830 -22 gennaio 1902]
Salvatore Antonio allo stato civile, nacque in una famiglia facoltosa: il padre don Giuseppe Migliaccio prese in sposa donna Aurora Riga, dalla quale nacquero anche Giuseppina, Maria Pasqualina, Francesco Saverio e Vito.
Conseguita la maturità classica nel Real Liceo di Catanzaro intorno al 1846, perseguì la carriera scientifica nell'Università di Napoli laureandosi nel 1850 in Scienze matematiche e fisiche, alla quale aggiunse la laurea in Lettere e Filosofia del 1857. Contemporaneamente agli studi, assecondò gli interessi artistici iscrivendosi nel 1855 al Regio Istituto di Belle Arti di Napoli, dove fu allievo nella Scuola di disegno dell'illustre maestro Giuseppe Mancinelli insieme agli artisti calabresi Achille Martelli e Andrea Cefaly. In occasione dell'ultima esposizione organizzata dalla corona nel Palazzo degli Studi del Real Istituto, la Biennale Borbonica del 1859, esordì con il dipinto Amore e Speranza(ubicazione ignota) che gli valse una medaglia d'argento e il riconoscimento della critica partenopea, così espresso da Giacomo Filinto Santoro: «Certo che nella sua matita e nel suo pennello è sentimento di bellezza, luce di pensiero, e dolore. Onde bene spero di lui, perché sempre ho avuto in pregio quell'ingegni che, ancora lontani dalla perfezione del disegno e del colorire, mostrano nell'opera il tumulto dell'affanno, che sempre suol essere compagno del vero Artista ».
Durante gli anni trascorsi a Napoli, Migliaccio condivise lo studio con i fratelli d'arte Martelli e l'irpino Michele Lenzi, riunendosi spesso a sera nella fucina rivoluzionaria di Cefaly nel vicolo San Mattia, dove mossi dai fermenti risorgimentali si discuteva d'arte e di Patria sotto l'influente guida di Filippo Palizzi. Benché siano limitate le informazioni, è qui che il giovane artista maturò l'idea della nazione unita e la volontà di lottare per essa, tramutatasi nel coinvolgimento insieme al fratello Vito nei moti antiborbonici del 1848 e nella partecipazione all'impresa garibaldina. Nel luglio del 1860 ritornò a Catanzaro per arruolarsi nella divisione del generale Francesco Stocco, combattendo in battaglie determinanti per la conquista del meridione: dal campo di Acrifoglio a Soveria Mannelli contro le truppe dal generale Ghio fino alla disfatta di Caserta Vecchia del 2 ottobre.
Dalla partecipazione diretta agli eventi nascono i suoi dipinti a sfondo patriottico, in cui alla rappresentazione dei frangenti bellici preferisce un realismo minuto e descrittivo desunto della quotidianità della vita dei soldati, per narrare come l'unità sia stata raggiunta per la volontà del popolo.
In una dimensione più vasta, scorgiamo Antonio Migliaccio nella falange napoletana che si presentò coesa alla prima manifestazione della nuova nazione, l'Esposizione italiana agraria, industriale e artistica inaugurata a Firenze nel 1861dove espone una Copia (soggetto e ubicazione ignota), Una scena domestica e Un Garibaldino ferito (olio su tela, cm 75à—98, Napoli, Museo Civico in Castelnuovo) acquistato dal municipio di Napoli, rappresenta un giovane che giace nel letto accanto ad una donna turbata, probabile racconto autobiografico per la presenza della tela sul cavalletto mentre sul tavolino primeggia la fotografia di Garibaldi, innalzato a protettore della nazione. Al 1861 risale anche Garibaldini in osteria nel 1860 (olio su tela, 135à—60, Napoli, Museo di Capodimonte). Azionista della Società Promotrice di Belle Arti di Napoli dal 1862 al 1866, alla prima esposizione oltre a Un Garibaldino ferito, propose Lo studente al 15 del mese (olio su tela, 52 à—69, Napoli, Museo di Capodimonte) nel quale attraverso un linguaggio spoglio ed essenziale ricrea le atmosfere desolate di Gioacchino Toma, Amore non ha riposo (olio su tela, 59à—61, collezione privata) che rappresenta «una fanciulla che si leva più presto del solito presa dalle smanie dell'amore », Una povera famiglia e Racconto infantile (entrambi di ubicazione ignota). Nello stesso anno partecipò all'Esposizione Universale di Londra che gli valse una medaglia d'argento. Con La casa del povero, La polenta e La minestra ai poverelli (ubicazione ignota) prese parte alla Promotrice del 1863, per farvi ritorno un'ultima volta nel 1869 con Costume di contadina calabrese, La carità evangelica. "Non sappia la tua sinistra quel che fa la destra" e un Ritratto (ubicazione ignota).
Gran parte della produzione artistica di Migliaccio è ancora da scoprire poiché conservata nelle collezioni private tra Napoli e la Calabria, tuttavia grazie ai sapienti resoconti dell'epoca riusciamo a restituire dei titoli a dipinti di cui si spera si possa conoscere presto la fisionomia, tra questi: Una cucina, Il cane ammalato, Un asinello, Al focolare, Tipo orientale, la caccia esposti alla Prima mostra d'arte calabrese del 1912 organizzata da Alfonso Frangipane; Il maestro elementare, la mandolinista, l'artista morente; i ritratti del Re Umberto I e la Regina Margherita e alcune nature morte che dovettero influenzare l'attività artistica del nipote, l'avvocato Vito Migliaccio.
Rientrato in Calabria, per giovare alla propria terra ricoprì diversi incarichi pubblici dalla grande valenza intellettuale e amministrativa, dimostrando una certa sensibilità nei confronti delle arti e dei giovani, per i quali conseguì nel 1870 l'abilitazione all'insegnamento. Il suo impegno pedagogico si profuse sulla formazione professionale di operai e artigiani a Catanzaro - nell'Istituto tecnico e nella promozione dell'apertura di una Scuola di Disegno - e a Girifalco, dove istituì e diresse una Scuola per Artieri sulla scia dell'esperimento pedagogico attuato da Cefaly a Cortale. Inoltre, nel 1869 fu tra i soci fondatori dell'Associazione Promotrice di Belle arti meccaniche e lavori donneschi insieme a Cefaly e Antonio Jannoni, disciplinata da uno statuto di ventinove articoli che ben rispecchiano gli intenti del modello napoletano.
Sul piano politico negli ultimi decenni del secolo divenne membro della Commissione conservatrice dei monumenti e opere d'arte e di antichità della Calabria ulteriore seconda - in un torno d'anni in cui risulta attivo anche nelle perizie per la costituzione del Museo Provinciale di Catanzaro, inaugurato nel 1879 - e sindaco della sua città natale, Girifalco.
Qui si spense il 22 gennaio 1902. Giovanni Patari lo definì «un maestro di pittura del cappello a tuba e dell'incedere alla Messonier ». (Maria Lucia Tavella) © ICSAIC 2020
Nota bibliografica
- Giacomo Filinto Santoro, Giudizi estetici sopra le dipinture e le sculture della esposizione di Belle Arti in Napoli nel 1859, tipografia Giovanni Gallo, Napoli 1859, p. 38;
- Diodato Lioy, Due anni di vita politica e letteraria, G. Marghieri, Napoli 1863;
- Alfonso Frangipane La Prima Mostra d'Arte calabrese, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo 1913;
- Alfonso Frangipane, I nostri artisti e il Risorgimento, «Brutium », XXXIX, 3, 1960, pp. 1-3;
- Agostino Mario Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni, vol. 3, L. Patuzzi, Milano 1972;
- Antonio Pelaggi, Catalogo delle opere in pittura con note illustrative, Frama Sud, Chiaravalle Centrale 1976;
- Garibaldi. Arte e storia, catalogo della mostra (Roma, Museo di Palazzo Venezia, Museo Centrale del Risorgimento, 23 giugno-31 dicembre 1982), Scala, Firenze 1982;
- Maria Pia Di Dario, Migliaccio, Antonio in La pittura in Italia. L'Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, vol. 2, Milano 1991, p. 919;
- Andrea Cefaly e la Scuola di Cortale, catalogo della mostra (Catanzaro, Complesso Monumentale del San Giovanni, 18 dicembre 1998-31 gennaio 1999), a cura di Tonino Sicoli e Isabella Valente, AR&S, Catanzaro 1998;
- Mario Pino, Pittura ed esperienze artistiche nella provincia di Catanzaro dell'Ottocento: Andrea Cefaly, la scuola di Cortale, la Società promotrice di belle arti di Catanzaro, l'Opificio di ceramica di Nicastro, Gigliotti, Lamezia Terme 1999;
- Antonio Iannino, Storia del Museo Provinciale di Catanzaro, Amministrazione provinciale,, Catanzaro 2001;
- Francesco Franco, Migliaccio, Antonio, in Dizionario Biografico Italiano, Roma 2010;
- Maria Saveria Ruga, La "fucina" di Andrea Cefaly (1827-1907): un crocevia di artisti tra Napoli, Firenze e Parigi, Nerbini International, Lugano 2020 (in corso di stampa).