Biagio Miraglia [Strongoli (Crotone), 15 gennaio 1823 - Firenze, 1 aprile del 1885]
Nacque nell'antica Petelia (odierna Strongoli) «dall'unione naturale di Francesco Saverio, cosentino, benestante e scapolo, e di Anna Loria di San Giovanni in Fiore », entrambi di famiglie agiate. La notizia riferita dallo storico locale Salvatore Gallo, trova conferma nell'atto di nascita conservato nel Municipio di Strongoli, dal quale si rileva che era figlio naturale e che solo il 22 aprile 1831 si ebbe il riconoscimento di legittimità . Venne battezzato il 21 gennaio 1823. Il padre, che era uno studioso di archeologia, voleva avviarlo alla carriera ecclesiastica e lo mandò a studiare nel Seminario Vescovile di Cariati. Monsignor Nicola Golia, vescovo di quel tempo, ne apprezzò presto l'intelligenza e ne intuì il genio artistico, e gli fu largo di benevolenza, ma egli ne tradì le aspettative e, sin da principio, manifestò il desiderio di volersi dedicare agli studi letterari e storico-filosofici più che a quelli teologici, anche se, per assecondare la volontà del genitore non trascurò questi ultimi e, nel 1844, si laureò in Sacra Teologia ottenendo il canonicato della Chiesa Collegiata di Strongoli. Formatosi nel clima romantico dei primi decenni dell'Ottocento, mise al servizio della patria, l'ingegno e la penna. Una visita al camposanto di Cariati, pubblicata sul periodico culturale «L'Omnibus pittoresco » di Napoli il 14 settembre 1842, è una delle sue prime composizioni in versi. Dal Seminario di Cariati, nel dicembre dello stesso anno, inviò al periodico cosentino «Il calabrese » un articolo letterario dal titolo Perché la poesia dei nostri tempi parla più al cuore che all'intelletto, in cui si rivolge agli artisti italiani esortandoli a tenersi lontani dalla imitazione dei temi del romanticismo nordico.
Allorché, a seguito di una delusione amorosa, abbandonò il proposito di abbracciare il sacerdozio, il Miraglia lasciò il Seminario di Cariati ed entrò nel Collegio italo-greco di San Demetrio Corone, affermato centro di studi liberali, in cui l'insegnamento non era affidato esclusivamente a religiosi, ma anche a laici, e che fu nella prima metà dell'Ottocento luogo di raccolta di patrioti, tanto da essere definito dai Borboni «fucina del diavolo » (ricordiamo che in esso si formarono luminose figure del Risorgimento italiano, come Agesilao Milano, Domenico Mauro, Giambattista Falcone, Attanasio Dramis e tanti altri). Dopo il periodo di formazione trascorso nel collegio di S. Adriano, per proseguire gli studi si trasferì a Napoli, dove frequentò come esterno il Collegio dei Gesuiti e poi la scuola filosofica di Pasquale Galluppi, dando sfogo alla sua forte passione letteraria con la pubblicazione di alcuni scritti su «L'Omnibus pittoresco », e con l'improvvisazione in versi, che lo rese protagonista di affollate "accademie" non solo a Napoli, ma anche in Calabria (a Cosenza, a Reggio, a Palmi, a Monteleone, a Cassano Jonio).
Gli studi letterari si alternavano nella vita del giovane intellettuale calabrese, seguace delle idee mazziniane, con l'attività politico-cospirativa. Nel 1844, appena ventunenne, fu condannato come rivoluzionario a sei anni di reclusione. Braccato continuamente dalla polizia borbonica, riuscì a farla franca grazie ai suoi continui travestimenti. Nel 1845 scappò verso la Grecia con una bella poetessa. Al rientro pubblicò un resoconto dal titolo Viaggio ad Atene. Fu un affiliato alla Giovane Italia, e, precisamente alla setta di Benedetto Musolino. Di tale setta fu un emissario importante. Con Domenico Mauro e Antonio Plutino, prese parte alla rivolta di Reggio Calabria del 2 settembre 1847 e fu arrestato e detenuto a Cosenza. Riacquistata la libertà nel febbraio del 1848 in seguito alla concessione della costituzione liberale a opera di Ferdinando II, fu nominato ufficiale di Stato maggiore dell'esercito calabro-siculo e Commissario civile nel Circondario di Castrovillari, nonché direttore del periodico «L'Italiano delle Calabrie », organo del Comitato di salute pubblica di Cosenza. Dopo il fallimento e la repressione dell'insurrezione di Cosenza (1848), Miraglia, che era stato uno dei capi della rivolta, subì una condanna a 23 annidi carcere dalla Gran Corte criminale, ma riuscì a fuggire, riparando a Roma, dove l'anno seguente fu tra i difensori della Repubblica Romana. A Roma fu anche direttore del «Monitore Ufficiale », organo della Repubblica. Con Domenico Cuzzocrea, anche lui calabrese, pubblicò il quotidiano «Positivo ». Dopo aver combattuto a Velletri e Palestrina a fianco di Garibaldi e dell'eroico Mameli, nel luglio del 1849 riparò a Genova. Nello stesso anno pubblicò la Storia della rivoluzione romana presso l'editrice Phonthenier, corredata da illustrazioni di artisti del tempo e da una serie di pitture di Anna Merolli, che aveva sposato al tempo della Repubblica, e dalla quale ebbe tre figli, un maschio (Arturo) e due femmine: Bice, scrittrice e fondatrice del giornale «La Mammola », e Adele (marchesa Giustiniani, dopo aver sposato il marchese Paolo Giustiniani), vissuta e morta a Firenze nel 1939.
Alla caduta della Repubblica romana, iniziò per Miraglia una vita da esule; fu inizialmente in Turchia, poi a Genova (1854), e infine a Torino (1855), dove entrò in contatto con altri esuli calabresi e si guadagnò da vivere con collaborazioni giornalistiche. Nella città piemontese entrò nella cerchia degli intimi di Cavour che nell'estate del 1860 lo inviò in missione speciale a Napoli per preparare il terreno all'annessione. Secondo la testimonianza della figlia Adele, con questa missione segreta Miraglia aveva l'incarico di incontrare Garibaldi e indurlo alla moderazione, distogliendolo dall'intenzione di muovere contro il Papa e contro l'Austria, e cedendo a Vittorio Emanuele il conquistato regno di Napoli, operazione che riuscì perfettamente. Nel 1861, rientrato a Torino, fu nominato capo divisione del Ministero dell'Interno; nel 1863 pubblicò presso l'editrice Utet l'opera Sull'ordinamento dell'Amministrazione civile.
Dopo una permanenza di qualche anno nella Firenze capitale d'Italia, si trasferì a Roma in seguito alla sua proclamazione a capitale (1871) e venne nominato Sovrintendente dell'Archivio di Stato e Sovrintendente degli Archivi Romani. Vittorio Emanuele II lo nominò cavaliere di S. Maurizio e Lazzaro. Dal 1877 al 1881 fu prefetto di Pisa e successivamente, dall'81 all'83, di Bari. Ritornato a Firenze, vi mori il primo aprile del 1885, all'età di 63 anni. È sepolto nel cimitero fiorentino di Monte alle Croci.
L'attività di scrittore di Biagio Miraglia fu notevole e si esplicò in vari campi, che vanno dal giornalismo alla poesia, dalla saggistica teorico-letteraria a quella storico-sociale e teorico-amministrativa. Il suo impegno di letterato fu assai serio e lo vide partecipe attivo al dibattito culturale del momento, alle discussioni sul Romanticismo, sul bello e sul sublime, sorte dopo la pubblicazione delle opere del Gioberti. Come novelliere e poeta appartenne a quella schiera di romantici calabresi (ne facevano parte anche Giuseppe Campagna, Vincenzo Padula, Pietro Giannone, Domenico Mauro, Vincenzo Gallo Arcuri) che il De Sanctis lodava per sincerità d'ispirazione e vivacità di espressione, chiamando quello calabrese un «romanticismo naturale »). Critico, polemista, poeta e novelliere, collaborò a «Il Calabrese », a «Il Pitagora », al «Politecnico » e alla «Nuova Antologia ». Ha lasciato opere di poesia, di narrativa, di storia, di politica. (Franco Liguori) © ICSAIC 2019
Opere principali
- Il brigante (novella calabrese in versi), Napoli 1844;
- Storia della rivoluzione romana, Genova 1850
- Cinque novelle calabresi, Firenze 1856
- Il Piemonte e la rivoluzione italiana, 1856
- L'eco della Magna Grecia (poesie), Torino 1858
- Canti dell'esilio e scene intime, Torino 1860)
- Studi sull'ordinamento dell'amministrazione civile e sull'indole della rivoluzione italiana, Torino 1863
- Introduzione alla scienza della storia, Torino 1866
- A Firenze- Sonetti, Firenze 1876
- Versi editi e inediti, Bologna 1879
- Dalla montagna. Sonetti e canti, opera postuma, Roma 1886
Nota bibliografica
- Giuseppe Falcone, Poeti e rimatori calabri, Stab. tip. R. Pesole, Napoli 1902;
- Angelo Vaccaro, Il poeta cospiratore: Biagio Miraglia, in Fidelis Petelia, Roma 1933, pp. 153-173;
- Mario Borretti, Biagio Miraglia da Strongoli e gli avvenimenti cosentini del 1848, in «Atti e memorie del XXVII Congresso di Storia del Risorgimento italiano », Milano 1948;
- Salvatore Gallo, Biagio Miraglia, s.n., Cirò Marina 1972;
- Antonio Piromalli, La letteratura calabrese, Guida, Napoli 1977;
- Franco Della Peruta, Il giornalismo dal 1847 all'Unità , in La stampa italiana del Risorgimento a cura di Valerio Castronovo e Nicola Tranfaglia, Laterza, Bari 1978;
- Pasquale Tuscano, Letteratura delle regioni d'Italia-Calabria, La Scuola, Brescia 1986;
- Attilio Marinari (a cura di), Romanticismo calabrese, Grisolia Editore, Belvedere M. 1988;
- Pasquino Crupi, Storia della letteratura calabrese-Autori e testi, vol. III, Periferia, Cosenza 1995;
- Enrico Esposito, Biagio Miraglia storico e politico, in Il brigante, a cura di Luigi Reina ed Enrico Esposito, Marco Editore, Lungro 1996, pp. XLIII-LXIII;
- Salvatore Gallo, Biagio Miraglia, in La città di Strongoli tra cronaca e storia, Abramo, Catanzaro 1998, pp. 60-71;
- Saverio Napolitano, Risorgimento, liberalismo e democrazia nel Mezzogiorno. Il patriottismo moderato di Biagio Miraglia, «Rogerius », IX, 2, 2006, pp. 5-25;
- Franco Liguori, Biagio Miraglia: storico, politico e poeta del Romanticismo calabrese, «Il Serratore », XVI, 73, 2003, pp. 28-29;
- Paolo Posteraro, Miraglia, Biagio, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 74, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2010;
- Franco Liguori, Ricordo di Biagio Miraglia da Strongoli, il poeta-cospiratore, nel 150 ° anniversario dell'Unità d'Italia, «Rivista storica calabrese »,XXXII, 1-2, 2011, pp.179-186;
- Franco Liguori, Biagio Miraglia da Strongoli, un protagonista della storia culturale e politica dell'Italia dell'età del Risorgimento, «Kratos », I, 1,2012, pp.102-108.
Nota archivistica
- Archivio Comunale di Strongoli (Crotone), Registro Stato Civile, foglio n. 5, 1823.