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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  ISBN: 978-88-941045-8-5

  A cura di Pantaleone Sergi

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Misefari, Vincenzo (Enzo)

Vincenzo (Enzo) Misefari [Palizzi (Rewggio Calabria), 7 aprile 1899 – Reggio Calabria, 28 marzo 1983]

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Nato da Carmelo e Francesca Autelitano, quinto in una famiglia di nove figli; fratello di Bruno, di Ottavio, che sarà uno dei primi calciatori calabresi del Novecento, e di Paola Caterina, una delle prime donne medico in Calabria. Segue le orme del fratello maggiore e a dodici anni si trasferisce a Reggio, presso lo zio materno Vincenzo, per proseguire gli studi. S’iscrive all’Istituto Tecnico e segue l’indirizzo “Chimico”, ma si diploma come geometra. Dopo una iniziale adesione al movimento anarchico, sceglie di seguire il Sindacalismo rivoluzionario, che in Calabria conta esponenti di rilievo come Francesco Arcà, Paolo Mantica, Michele Bianchi, Agostino Lanzillo, Roberto Taverniti e Antonio Renda.

Risale al 1920 la prima segnalazione della Prefettura di Reggio Calabria, che in un rapporto scrive: «Nonostante la sua giovane età è rimarchevole nel Misefari il convincimento profondo dei principi sovversivi più spinti e l’audacia delle azioni. Egli è fratello al pericoloso anarchico schedato Misefari Bruno, ed ostenta relazioni col noto anarchico Enrico Malatesta». In questa fase svolge soprattutto un’intensa azione di propaganda, come prova la denuncia, il 16 luglio sempre del 1920, per istigazione a delinquere a mezzo stampa avendo diffuso dei manifestini incitanti alla protesta e alla rivolta nell’eventualità di nuove spedizioni in Albania.

Chiamato a svolgere il servizio di leva a Palermo, manifesta segni di insofferenza per la vita militare e tuttavia chiede di poter svolgere il servizio come ufficiale di complemento. La domanda viene accettata e viene inviato a Caserta presso la Scuola Ufficiali dell’esercito. I suoi continui atti di insubordinazione lo portano a scontrarsi a viso aperto con le alte gerarchie e, dopo essere stato degradato, nel 1922, viene inviato al confino a Lipari. Nell’isola si dedica allo studio della storia dell’Italia meridionale e del Regno dei Borboni ma, denunciato per attività sovversiva (aveva partecipato alla costituzione di una Lega operaia clandestina) viene trasferito a Ponza.

Tornato a Reggio Calabria avvia l’attività di geometra anche se continua a mantenere contatti con gli oppositori di diverse tendenze che ancora operano in città e nella provincia. Nel corso di una perquisizione domiciliare, la polizia rinviene due timbri in gomma, di cui uno intestato «Gruppo sovversivo studentesco Pietro Gori» e l’altro «Gruppo giovanile anarchico Bruno Filippi», insieme a 1.340 biglietti di una lotteria a favore della propaganda rivoluzionaria del gruppo anarchico “I liberi”. Insieme con Bruno e con Nino Malara pubblicano il giornale «L’amico del popolo», che ha vita breve. Dopo l’arresto degli altri redattori, si trasferisce a Messina. Nel 1926 stringe amicizia con Salvatore Quasimodo, che è impiegato come geometra al Genio Civile di Reggio e attraverso questi entra in contatto con un gruppo di intellettuali siciliani, tra cui l’avvocato Salvatore Pugliatti, futuro rettore dell’Università di Messina. Con la cosiddetta «brigata di Vento a Tindari» (Quasimodo, Glauco Natoli, Pugliatti, Raffaele Saggio, Vann'Antò), con gli amici dell'OSPE (tra i quali Giuseppe Miligi e il poeta-libraio Antonio Saitta), e con altri intellettuali, musicisti, artisti, letterati e poeti, dà vita a un circolo culturale che opera tra le due sponde dello Stretto.

Nei primi anni Trenta si avvicina al Partito Comunista clandestino e la sua scelta influenza anche il successivo percorso poetico di Quasimodo, come testimonia la ricca corrispondenza intercorsa tra i due amici. Dopo la morte di Bruno nel 1936, la sua adesione al PCI diventa totale tanto che viene incaricato di tenere i contatti con i compagni della provincia coordinando le cellule clandestine che operano nei vari centri del Reggino. Nel settembre 1943, dopo lo sbarco degli Alleati, fonda, insieme con Guglielmo Calarco ed Enzo Laface, il Comitato di Concentrazione Antifascista e con il rientro dal confino di Eugenio Musolino partecipa alla costituzione della federazione comunista.

Assume l’incarico di segretario della Camera del Lavoro e organizza e guida, già dai primi mesi del 1944, le lotte contadine e bracciantili nell’area Jonica e nella Piana Di Gioia Tauro, tanto che fu il solo a subire un processo da parte della Amministrazione Militare Alleata per motivi politici e sindacali e nella sentenza si legge che «... on or about the 2nd day of january 1944 took part in a communista assembly at Bova Marina» («… il 2 gennaio 1944 ha partecipato a un'assemblea comunista a Bova Marina».

Nel gennaio del 1945 viene nominato segretario generale della CGIL e s’impegna in prima persona nelle grandi lotte contadine e nell’occupazione delle terre a Caulonia e al “Bosco” di Rosarno, che coinvolge pure i comuni di Melicucco, Anoia e Laureana. Negli anni successivi viene eletto consigliere comunale a Reggio Calabria poi consigliere provinciale nel collegio di Rosarno e, nel 1958 deputato nella III Legislatura. Si dedicò all’attività di deputato con molta passione e grande impegno, testimoniati dalla presentazione di ben 30 progetti di legge, nella metà dei quali figura come primo firmatario, e altri con i deputati Gullo, Alicata, De Pasquale, Miceli e Fiumanò; da oltre 56 interventi, 19 dei quali in assemblea e da innumerevoli interrogazioni e interpellanze.  

Nel 1963, per via dei contrasti con la direzione del partito, abbandonò il PCI. Verso la fine della Legislatura, infatti, scoppiò un contrasto con alcuni esponenti del partito poiché Misefari accusò di immoralità alcuni dirigenti della Federazione reggina e della Segreteria regionale. Nella riunione plenaria del Comitato federale, tenutasi il 23 febbraio 1963, venne deliberata, a conclusione di un acceso dibattito, la sua esclusione dal partito per indegnità politica. La questione venne portata davanti alla Commissione Centrale di Controllo, la quale, pur confermando la validità della decisione assunta dal Comitato Federale, modificò la sanzione mantenendo l’iscrizione del Misefari, che però diede comunque le dimissioni dal partito. In realtà, le ragioni erano più politiche che etiche e M., uomo d’azione, antifascista intransigente, di carattere indipendente e spirito libero, mal tollerava la rigida disciplina di partito, le direttive burocratiche e le troppe “aperture” togliattiane.

Dal 1964 in poi si dedicò all'organizzazione dei gruppi marxisti-leninisti in Italia, conobbe Ludovico Geymonat e a Vicenza, con altri compagni, fondò il Partito Comunista d'Italia (marxista-leninista) ed entrò in contatto con i gruppi filo maoisti di Milano no e con il Partito Comunista Albanese . Nel 1969, a causa di contrasti di natura ideologica dovuti ad articoli pubblicati sul giornale del PCdI «La nuova Unità», che criticavano i principi del marxismo-leninismo,  diede le dimissioni dal partito e ritornò a Reggio Calabria, dove iniziò la sua attività di storico e letterato.

Fino alla sua morte si dedicò agli studi, in particolare a quelli riguardanti la storia sociale e politica della Calabria, con particolare riferimento al periodo fascista e delle rivolte contadine Nell’ambito di queste ricerche, si ritagliò uno spazio da dedicare alla narrativa e alla sua giovanile passione per la poesia, trasmessagli dal suo amico Quasimodo.

A Enzo Misefari è stata intitolata una via a Reggio Calabria nel popolare rione Gebbione. (Antonio Orlando) © ICSAIC 2024 - 08

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Opere

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  • La liberazione del Sud: con particolare riferimento alla Calabria, Pellegrini, Cosenza 1992;
  • L'uomo nuovo, Pellegrini, Cosenza 1990;
  • Bruno, biografia di un fratello, Zero in condotta, Milano 1989;
  • Il trasformismo molecolare nel Parlamento italiano, Pellegrini, Cosenza 1989;
  • Partigiani di Calabria, Pellegrini, Cosenza, 1988;
  • Il socialismo in Calabria nel periodo giolittiano, Rubbettino Soveria Mannelli 1988;
  • Sofo sereno, Teti, Milano 1988;
  • ...e udrai amico il vento, Centro reggino di ricerche storiche, Reggio Calabria 1987;
  • Sindacato e lotte per la terra in Calabria 1943-1945: contributi per una storia sociale, Ediesse, Roma 1986;
  • Il socialismo in Calabria nel periodo giolittiano, Rubbettino, Soveria Mannelli 1985;
  • Alvaro politico: analisi di un comportamento, Rubbettino, Soveria Mannelli 1981;
  • L'avvento del fascismo in Calabria, Pellegrini, Cosenza 1980;
  • Il quadrumviro col frustino: Michele Biachi, Lerici, Milano 1977;
  • La repubblica rossa di Caulonia: una rivoluzione tradita?, (con Pasquino Crupi, Shato Gambino, Eugenio Musolino), Casa del libro, Reggio Calabria – Roma 1977;
  • Storia sociale della Calabria: popolo, classi dominanti, forme di resistenza dagli inizi dell'età moderna al XIX secolo, Jaca Book, Milano 1976;
  • La Resistenza degli albanesi contro l'imperialismo fascista, Edizioni di cultura popolare, Milano 1976;
  • Le lotte contadine in Calabria nel periodo 1914-1922, Jaca Book, Milano 1972;
  • La violenza inutile, Casa del libro, Reggio Calabria – Roma 1970;
  • Comunisti falsi e comunisti veri: lettera al compagno Care, SEIT, Milano 1965;
  • Per la lista Progresso, unitaria e popolare: discorso tenuto a Palmi Calabro la sera del 10/11/1963, Industria grafica meridionale, Catanzaro 1963;
  • Acque, strade e ricostruzione edilizia nel quadro dello sviluppo economico del Mezzogiorno, Colombo 1959;
  • L'edilizia in provincia di Reggio Calabria dopo il terremoto del 1908, in Ricerche di storia medioevale e moderna in Calabria, Tip. Lucio Speranza, Pubblicazione del Museo Civico di Reggio 1938.

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Nota bibliografica

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  • «Umanità Nova» del 25 gennaio 1987 e dell’8 aprile 1990;
  • Saverio Di Bella (a cura di), Scritti in onore di Enzo Misefari. Utopia e Rivoluzione in Calabria, Pellegrini Editore, Cosenza 1992;
  • Lia Domenica Baldissarro, Maria Pia Mazzitelli (a cura di), Archivio Vincenzo Misefari – Inventario, Kaleidon Editrice, Reggio Calabria 1999;
  • Katia Massara, L’emigrazione “sovversiva”. Storie di anarchici calabresi all’estero, Pellegrini Editore, Cosenza 2003;
  • Federico Francucci, Salvatore Quasimodo, in Archivi Letterari Lombardi del Novecento, Università degli Studi di Pavia, 2006;
  • Luigi Ferlazzo Natoli, Nel segno del destino. Vita di Salvatore Pugliatti, Rubbettino, Soveria Mannelli 2008.

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Nota archivistica

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  • Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Divisione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Casellario politico centrale, b. 3314, f. 45565, cc. 10, 1920, 1922, 1938 e 1940-1942;
  • Camera dei Deputati, Archivio Storico, Repubblica Italiana, III Legislatura.
     

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