Guglielmo Pepe [Squillace (Catanzaro), 13 febbraio 1783 – Torino, 8 agosto 1855]
Nacque da Gregorio e Irene Assanti, discendenti di due tra le più importanti famiglie di Squillace. Sua madre lo diede alla luce in una tenda dopo una settimana dal grande terremoto e maremoto che aveva scosso la Calabria Ultra. Dotato di indole irrequieta e di una straordinaria intelligenza, era uno dei più giovani di ben ventidue fratelli e due sorelle. Sulla sua formazione giocarono un forte ascendente i fratelli maggiori come Florestano, di cui seguì la passione politica per l’Unità nazionale e Ferdinando che fu un valente militare di carriera.
A soli sette anni fu iscritto come convittore nel Collegio reale di Catanzaro da cui però fuggì più volte. A quattordici anni si trasferì a Napoli per frequentare la Scuola Militare della Nunziatella dopo essere stato curato nella formazione scolastica da Pietro Colletta, un grande studioso, saggista e ingegnere civile.
Quando nel 1799 nacque la Repubblica napoletana si arruolò nella Guardia Nazionale, malgrado la disapprovazione del fratello maggiore e le preghiere del padre. Pepe combatté contro le bande sanfediste del Cardinale Ruffo nell’avellinese e dopo diversi scontri, dinanzi alle forze preponderanti, dovette ripiegare su Napoli. Fu promosso sottotenente e si distinse nei combattimenti del 14 giugno 1799, sotto le mura della capitale, nella difesa del ponte della Maddalena, un antico ponte nella città di Napoli dove iniziava la strada consolare che arrivava sino a Reggio Calabria. Nei pressi del ponte fu fatto prigioniero e venne successivamente processato e condannato all’esilio, si imbarcò verso Marsiglia dove il padre aveva attivato una linea di credito presso una banca cittadina per pagargli il viaggio, il vitto e l’alloggio.
Arrivato a Marsiglia, in preda a una forte febbre, fu ricoverato nel lazzaretto dove vide morire diversi compagni di viaggio. Si riprese dopo un periodo di convalescenza presso l’abitazione di un amico. Diversi mesi dopo si arruolò nella legione italica da soldato semplice, nel suo battaglione incontrò diversi calabresi che come lui erano di pensiero liberale. Partecipò alla campagna d’Italia che fece trionfare Napoleone, suscitando in molti l’entusiasmo di chi sperava nel superamento della forma di governo da ancien regime, e nell’affermazione di quei principi propugnati dalla Rivoluzione francese, ma ben presto sopravvenne in molti e in lui la delusione. Durante la Campagna d’Italia, Pepe si distinse nella battaglia di Marengo del 14 giugno 1800. Poco dopo, però, in Toscana la Legione Italica fu sciolta, pertanto egli chiese il trasferimento all’armata francese in Egitto, che gli fu rifiutato per via degli eventi bellici sfavorevoli.
Deluso dal trattamento che i francesi avevano riservato agli italiani e della svolta monarchica di Napoleone, ritornò a Napoli e poi a Squillace dove, invitto, preparò una vasta rete cospirativa attraverso le vendite carbonare, con collegamenti in Lucania, Puglia e Campania. Probabilmente tradito, fu arrestato e condannato all’ergastolo nel settembre 1803. Rimase in prigione sino al 1806, dopo esser stato detenuto nel bagno penale di Favignana, dove il padre lo fornì di un’ampia e importante biblioteca; trasferito nelle carceri di Trapani, il fratello più grande, alto ufficiale dell’esercito borbonico, ne ottenne la scarcerazione e successivamente lo salvò da un sequestro da parte di una banda di briganti che lo bloccarono durante il viaggio di ritorno tra le provincie di Catanzaro e Reggio.
Guglielmo Pepe in realtà voleva andare incontro al generale Massena che scendeva nelle Calabrie con la sua armata. Infatti, poco dopo il ritorno dei francesi a Napoli, Pepe fu nominato maggiore del nuovo esercito e inviato nelle Calabrie per contrastare il brigantaggio. E nel 1811, una volta ridimensionato questo fenomeno criminale e in parte politico, il nuovo sovrano Gioacchino Murat, lo inviò a combattere in Spagna con il grado di colonnello, e per i successi ottenuti sul campo di battaglia, ritornato a Napoli, fu promosso maresciallo di campo. Successivamente s’impegnò nella Campagna d’Italia. Dopo la sconfitta definitiva dei Napoleonici, ritornati i Borbone sul trono di Napoli che perseguirono la logica di integrazione dei quadri murattiani nel nuovo esercito borbonico, nel 1818 ottenne il comando di una divisione militare. Nel 1820, quando esplosero i moti carbonari fu incaricato di sedarli, ma, invece di combatterli si unì agli insorti, e ponendosi alla testa dei rivoltosi entrò trionfalmente a Napoli.
Ebbe un ruolo importante ai vertici della Carboneria che aveva organizzato il moto del 1820-21, in quanto ne condivideva i fini liberali e libertari, incarnati dal progetto per la costruzione di una Monarchia costituzionale, e in particolare si era fatto carico personalmente di diffonderla viaggiando molto per il Regno. Il nuovo governo costituzionale lo nominò comandante supremo dell’esercito costituzionale e nel 1821 fu sconfitto per una serie di errori tattici a Rieti-Antrodoco dal corpo di spedizione austriaco, anche perché era forte di 50.000 soldati. Gli Austriaci ebbero il compito di restaurare la monarchia assoluta e svolgere funzioni di polizia nel Regno per schiacciare ogni possibile e futuro rigurgito costituzionale.
Pepe dovette fuggire e prendere la strada di un lungo esilio prima in Gran Bretagna e poi in Francia. A Londra, fu confortato dalla stretta amicizia con Ugo Foscolo, conosciuto anni prima in Francia. Nel 1822 pubblicò sotto forma di racconto gli avvenimenti napoletani del 1820-21. Il periodo parigino lo vide impegnato negli studi di storia e di politica e scrisse Memoria sui mezzi che menano all’italiana indipendenza nel 1833; L’Italia militare nel 1836; Memoria intorno alla sua vita e ai recenti casi d’Italia nel 1846.
Fu amnistiato nel 1848 da Ferdinando II e prese il comando dell’esercito inviato a combattere nella I guerra d’Indipendenza per poi disertare e continuare la lotta a Venezia contro gli austriaci, insieme al battaglione volontari napoletani per la difesa della Repubblica veneta. Quando il Re ordinò il ritiro del corpo di spedizione, Guglielmo Pepe e tanti altri rifiutarono di ubbidire e, insieme a circa 2000 uomini disertarono, raggiungendo Venezia, dove il governo di quella Repubblica guidato da Daniele Manin, lo nominò generale in capo dell’esercito veneto. La città nel 1849 cadde, e Guglielmo Pepe fuggì esule a Corfù, poi da Malta a Genova e a Parigi dove scrisse i Casi d’Italia negli anni 1847, ’48, ’49, pubblicato nel 1850.
Già grande d’età si sposò con Marianna Coventry Gilherit, una scozzese, vedova di un mecenate del tempo che propugnava i principi liberali e la lotta per l’Unità d’Italia. Non ebbe figli. Trascorse a Torino gli ultimi anni della sua vita. Morì a 72 anni, senza poter vedere realizzata l’Unità d’Italia. Molte città in Italia gli hanno dedicato una via o una piazza, a Roma sul Pincio dopo la sua morte fu collocato un busto e a Torino fu inaugurata una statua donata alla città dalla vedova. (Fabio Arichetta) © ICSAIC 2023 – 06
.
Opere
.
- Relazione delle circostanze relative agli avvenimenti politici e militari in Napoli nel 1820 e 1821, diretta a S.M. il Re delle Due-Sicilie, Parigi 1822;
- Memorie del generale Guglielmo Pepe intorno alla sua vita e ai recenti casi d'Italia scritte da lui medesimo; Libreria Europea, Parigi 1847;
- L'Italie politique et ses rapports avec la France et l'Angleterre, Venezia 1848;
- Casi d'Italia negli anni 1847, 48 e 49: continuazione delle memorie del generale Guglielmo Pepe, Genova 1851.
- Histoire des révolutions et des guerres d'Italie en 1847, 1848 et 1849, Meline Cans et Compagnie, Bruxelles 1850.
- L'Italia militare e la guerra di sollevazione, Venezia 1849.
- L'Italia militare, Delaforest, Parigi 1836.
.
Nota bibliografica
.
- Francesco Carrano, Vita di Guglielmo Pepe, Tipografia Naz. di G. Biancardi, Torino 1857;
- Agenore Gelli, Guglielmo Pepe per Agenore Gelli, Estratto dalle "Letture di Famiglia", Serie Novissima, Vol. 1, pubblicato coi Tipi di M. Cellini e Co. alla Galileiana, Firenze 1865;
- Cesare Sinopoli, Alfonso Frangipane, Concetto Valente, Salvatore Pagano Francesco Giuseppe Graceffa (a cura di), La Calabria, Storia, Geografia e Arte, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004, pp. 119 , 129, 130, 155, 158, 176;
- Luca Manfredi, L'uomo delle tre rivoluzioni. Vita e pensiero del generale Guglielmo Pepe, Bastogi Editrice Italiana, Foggia 2009.
- Saverio Demajo, Guglielmo Pepe, Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 82 (2015).
- Lino Martini, Sulla Battaglia di Rieti-Antrodoco 7-10 marzo 1821, Rieti 2015.