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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  ISBN: 978-88-941045-8-5

  A cura di Pantaleone Sergi

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Protettì, Francesco

Francesco Protettì [Monteleone (Vibo Valentia) 1823 - 7 gennaio 1877]

Secondo di nove fratelli nacque da Antonio e Anna Veneziano, Studiò prima con Giuseppe Pignatari, poi passỏ alla scuola del valente latinista Raffaele Buccarelli che nel maestro nascondeva il cospiratore. Con tale maestro apprese i rudimenti del latino.

I suoi genitori avevano in animo di farne un prete, sia per maggior lustro della famiglia, come allora si credeva, o per speranza che egli avrebbe potuto cosi meglio provvedere i suoi nell'avvenire. Per questo, ancora giovinetto vesti I'abito talare, e si dice di lui che a quindici anni scrisse la sua prima predica fatta nella Chiesa di S. Maria. Fatto sta ch'egli non si senti nato per il sacerdozio e ben presto si spogliò d’abito, e sentendosi abbastanza forte di studi, cominciò a insegnare. Lo stesso suo maestro Buccarelli ne riconobbe la capacità tanto che non esitò ad affidargli l'educazione dei suoi stessi figli.

L' insegnamento, però, diventava cospirare per cui aveva bisogno di molte cautele.

Ai professori pubblici, pagati dal governo, si opponevano ormai troppi che nel segreto delle loro case adunavano i giovani e loro insegnavano che ben altri e diversi dal servire ciecamente i tiranni erano i destini dell'uomo. Di questi spiriti eletti, di questi caratteri energici educatori della nuova generazione basta ricordare Luigi Settembrini di cui gli allievi erano cospiratori e molti furono martiri. In Calabria fiorivano le scuole, trasformate spesso in accademie patriottiche, di Liborio Menichini a Catanzaro e di Raffaele Buccarelli a Monteleone, quest’ultima frequentata tra gli altri da Francesco Fiorentino, Ottavio Ortona e Diomede Marvasi.

Molti erano i giovani che a Monteleone (oggi Vibo Valentia) accorrevano alle lezioni di Protettì e ben presto anch' egli indirizzò il suo impegno per fare di quei giovani tanti suoi compagni e cooperatori nelle lotte imminenti contro il Borbone.

Di qui cominciarono per lui quelle vicende che ci rivelano quale realmente fosse il carattere di questo uomo in apparenza freddo e tranquillo; non potendo ormai tenere chiusi in sé stesso i suoi pensieri e parendogli vicini i tempi di un’era novella per la quale già tanto sangue si era sparso, cominciò a palesare i suoi sentimenti, servendosi della scuola come tribuna.

Tanto bastò perché la polizia borbonica cominciasse a temerlo e a perseguitarlo.

Giunse così il 1848. Con altri, come già si era fatto a Reggio, a Catanzaro e nella patriottica Cosenza, costituì un comitato insurrezionale. Tra il 19 e 20 maggio 1848, i rivoluzionari disarmarono 130 gendarmi e Protettì, che aveva allora solo 25 anni, fu eletto Commissario di Guerra. Il Borbone, ultimo tra i regnanti d’Italia, concesse lo statuto. Protettì, dimenticati i patimenti sofferti, appena saputo il nuovo ordine di cose uscì per le vie ad annunziare la lieta novella.

Ma Ferdinando II se la rimangiò. Alla reazione del 1848, la Calabria insorse. La rivolta scoppiata prima a Messina si allargò a Reggio e di lì si propagò a Gerace, a Monteleone, a Pizzo fino a Cosenza. Protettì insieme con Franceso Pignatari, un Gramendola e altri, se ne andò nelle campagne circostanti a Monteleone nel tentativo di far sollevare i contadini. Tra le file antiborboniche c’erano anche i fratelli più piccoli Pasquale e Giuseppe, che non si tiravano indietro quando c’era da combattere, e Leoluca (Luca), il più battagliero, oltre ad Antonino.

Restaurato il potere borbonico, il generale Nunziante tornò a Monteleone ecominciarono gli arresti dei liberali, i nomi dei quali da gran tempo erano scritti sul libro nero della polizia.

Prolettì con altri fu arrestalo: legato ed esposto al sole per mezza giornata fu di là trasferito all'Ospedale militare e quindi alle carceri. Il Sotto Intendente Mazza, ormai stanco di servire un sì efferato governo, accennava di accettare le nuove idee liberali indusse il generale Nunziante a rimettere i prigionieri in libertà dopo quattro giorni di arresto.

Intanto la famiglia Protettì era sempre più in difficoltà economiche perché i suoi beni cominciarono a impinguare le casse della polizia e dei suoi agenti. Protettì ritornò all'insegnamento privato senza rinnegare i suoi principi.

Dopo appena un anno e mezzo, con un piccolo pretesto fu nuovamente arrestato e condotto a Catanzaro, dove subì regolare processo e fu condannato a due anni di prigionia.

Quindici giorni prima che finissero di scontare la pena arrivò l’amnistia di Re Ferdinando e Francesco tornò a Monteleone, dove la sua famiglia andava di male in peggio: avendo sacrificato tutto per lui, non aveva nemmeno di che vivere. E il palazzo di famiglia era finito nelle mani del capo della polizia.

Tornò nuovamente a dare lezioni private ma dopo pochi mesi fu costretto ancora a chiudere la scuola, e per sospetto di cospirazione fu esiliato.

Entrò in relazione con il venerando Valentino, che per aver preso parte al governo provvisorio di Cosenza nel 1799 fu arrestato e condannato a morte, pena poi commutata all’ergastolo che stava scontando nel Castello di Monteleone, gli inviò un suo testo in latino per averne un giudizio. Ma la polizia borbonica lo ritenne un atto di cospirazione. Nuovamente arrestato fu condannato all’esilio, a Catanzaro. Da qui il governo gli voleva imporre di andare a Crotone. Lui si rifiutò e riuscì a proseguire l’esilio a Sambiase, dove consolidò l’amicizia con Francesco Fiorentino.

Rientrò a Vibo nel 1856. Due anni dopo – si dice per consiglio del sottintendente con la promessa che la polizia non l’avrebbe più molestato – sposò Caterina Adamo che gli diede molti figli.

Fin qui il passato liberale e antiborbonico di Francesco. Nel 1859 lo ritroviamo tra i sostenitori di Garibaldi e dell’unità d’Italia. E quando Garibaldi era sbarcato in Sicilia, lasciando a casa la moglie e la figlia, con numerosi suoi allievi si mise in cammino alla volta dell'Angitola, dove era in formazione un campo d'insorti, comandati dal capitano Angherà, aggregandosi infine ai garibaldini del generale Stocco.

Il Protettì coi suoi seguì il generale. Quando giunti a Curinga videro giù basso la cavalleria nemica e si trovò impegnato in combattimento. A Maida, poi, s'incontrò col suo grande amico Francesco Fiorentino, il quale al rumore delle cannonate era accorso con sette o otto di Sambiase. Alla voce che Garibaldi era a Monteleone, cercò di raggiungere al più presto la sua città, «ma giunto vicino al paese, gli fu detto che il generale aveva già nella notte oltrepassato Monteleone». Non incontrò così – come scrive un suo discendente, Cesare A. Protettì – il suo mito risorgimentale, non ebbe nessuna onorificenza in una Calabria che però non era più feudo borbonico, ma apparteneva all’Italia.

La vita rivoluzionaria del Protettì ebbe termine con l’Unità d’Italia.

Nel 1861 fu riaperto il Liceo Filangeri. Il delegato regio conoscendo i suoi meriti lo nominò Professore nella terza classe di quel Ginnasio. Nel 1866, lasciando a casa la moglie e cinque figli, un maschio e quattro femmine, raggiunse il fratello Antonino in Romagna dove si combatteva.

La sera del 6 gennaio 1877, fu colpito da apoplessia fulminante. Nella notte andò sempre peggiorando e spirò l’indomani, pochi minuti prima di mezzogiorno.Aveva 54 anni. Morì povero e le sue esequie solenni furono il pianto di un intero paese. A lui è intitolata una delle vie del centro di Vibo Valentia. (sulla base di una biografia di Apollo Lumini) © ICSAIC 2023 – 06

Nota bibliografica

  • Apollo Lumini, Ricordo del prof. Francesco Protettì, Tip. R. Orfanotrofio Giovanni Troyse, Monteleone 1877;
  • Apollo Lumini, Scritti letterari, B. Pichi Tip. editore, Arezzo 1884 (poi: Brenner, Cosenza 1989); pp. 35-65;
  • Domenico Protettì, La rivoluzione a Monteleone, in «Rogerius», 14, 2011, pp. 25-36;
  • Cesare A. Protettì, Francesco Protettì e i suoi fratelli – Garibaldini calabresi, in «Camicia Rossa», periodico dell'Associazione nazionale veterani e reduci garibaldini, https://camiciarossa.org/francesco-protetti-e-i-suoi-fratelli-garibaldini-calabresi/.

Ringraziamenti

  • Si ringrazia Cesare A. Protetti per la segnalazione e il prezioso contributo.

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