Giovanni Rinaldi (Napoli, 23 febbraio 1883 – Spezzano Albanese, 9 febbraio 1960)
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Il padre, Orazio Rinaldi (Spezzano Albanese, 1830-1916), possidente e patriota garibaldino, fu rinchiuso per quattro anni nelle carceri borboniche di Santa Maria Apparente, in Napoli, perché ritenuto essere, assieme ad altri giovani italo-albanesi, amico e compagno di Agesilao Milano, il giovane liberale di San Benedetto Ullano che l’8 dicembre 1856 aveva attentato alla vita del re Ferdinando II.
Giovanni, educato in famiglia al liberalismo, nacque a Napoli, dove il padre, dopo l’Unità, era stato nominato vice questore e rimase in servizio fino al 1885. Rientrata la famiglia in Calabria, Giovanni frequentò il Liceo Telesio a Cosenza, dove conobbe il medico Pasquale Rossi, psicologo della folla e pioniere del socialismo nel capoluogo. Conseguita la licenza liceale si recò a Roma, nella cui Università frequentò, nel 1902-1903, il primo anno del corso di laurea in Giurisprudenza. Successivamente si trasferì a Urbino, dove si laureò nel 1906 con una tesi dal titolo: La ricerca del fine nei reati di diffamazione.
A Urbino conobbe Anita Santini (Urbino, 1880-Spezzano Albanese, 1947), con la quale si unì in matrimonio, nella città marchigiana, l’8 marzo 1908. Dalla coppia nacquero due figli, che avrebbero avuto un destino doloroso: Marco Orazio, medico specialista in ostetricia e ginecologia, morto anzitempo nel Sanatorio di Carignano, presso Lucca, nel 1939; e Ugo, deceduto per infarto nell’ospedale psichiatrico di Imola (Bologna), nel 1957.
Dopo la laurea e il matrimonio, Giovanni visse a Spezzano Albanese con la moglie Anita, occupandosi dei beni di famiglia e dando inizio alla sua attività politica nel Partito socialista, del quale farà parte fino all’avvento del fascismo. Schedato nel Casellario Politico Centrale del Ministero dell’Interno come “socialista massimalista”, così viene descritto il 2 giugno 1925 dalla Prefettura di Cosenza: «Gode buona fama nell’opinione pubblica, ma è riprovato per le sue idee sovversive. (…) È dotato di colta intelligenza e di molta coltura, avendo compiuto gli studi superiori e conseguita la laurea in giurisprudenza. È lavoratore assiduo e trae i mezzi di sussistenza dai beni di proprietà. (…) È iscritto al partito socialista massimalista ed ha influenza sui socialisti del suo Mandamento. È in corrispondenza epistolare con l’On.le [Pietro] Mancini e [Enrico] Mastracchi. (…) Dal 1919 al 1923 fu segretario politico della sezione socialista e collabora ai giornali “La Parola Socialista” e “Avanti!”. Riceve i giornali suddetti e fa propaganda fra operai e contadini».
L’anno successivo, il 20 giugno 1926, è condannato per il suo antifascismo a tre anni di Confino di Polizia. Viene confinato a Lagonegro, dove è attentamente vigilato dai Carabinieri. Verrà “liberato condizionalmente” il 13 marzo 1928 e potrà di conseguenza rientrare nella sua Spezzano.
Alla caduta del fascismo, nel 1943, costituisce una sezione del partito comunista. Nel 1944, il Prefetto di Cosenza lo nomina sindaco di Spezzano. In tale veste, subito promuove la concessione delle terre comunali ai contadini. Nel dopoguerra fonda la cooperativa “La Proletaria libera” e guida le occupazioni contadine delle terre incolte. Nel 1946, entra a far parte del Comitato federale di Cosenza del Partito comunista. Nelle elezioni politiche del 1948, contribuisce, a Spezzano, ad una schiacciante vittoria del Fronte Popolare socialcomunista. In seguito alle elezioni amministrative del 1952, diventa sindaco di Spezzano Albanese. «In questa veste – ha ricordato il suo discepolo Aldo Pugliese – si prodiga per l’assistenza agli ammalati, ai poveri, cura l’attrezzatura delle scuole; tassa i ricchi del paese, tassando prima se stesso». Accusato di oltraggio alle autorità, viene processato e assolto, grazie anche alla difesa di Fausto Gullo, già passato alla storia come “ministro dei contadini”. Alla metà degli anni Cinquanta entra in conflitto col compaesano Gennaro Cassiani, leader della Democrazia Cristiana, allora Ministro delle Poste nel governo Scelba, rifiutandosi di riceverlo in Comune.
Nel 1957, scomparsi ormai sia la moglie che i due figli nati dal matrimonio, compila il suo testamento olografo, nel quale nomina erede dei suoi beni – costituiti principalmente dalle proprietà rurali delle contrade Serra della Cava e Macchiadentro, del valore, all’epoca, di 1.200.000 lire – l’Ospedale Civile dell’Annunziata di Cosenza, «perché siano destinate alla cura ed all’assistenza sanitaria degli ammalati poveri, in particolar modo di Spezzano Albanese». Dispone, inoltre, che i suoi libri e il suo studio «siano adibiti alla istituzione di una biblioteca popolare»; e nomina, infine, esecutore testamentario: «il mio amico e compagno On.le Avv.to Fausto Gullo, Deputato al Parlamento, col più ampio mandato di provvedere alla esecuzione».
Morirà tre anni dopo. Il suo funerale, obbedendo alle sue disposizioni testamentarie, viene celebrato soltanto in forma civile. Dopo la veglia funebre, allestita nella sezione del partito comunista, un grande corteo popolare e una selva di bandiere rosse lo accompagnano al cimitero. L’orazione funebre è tenuta da Gino Picciotto, allora segretario della federazione comunista di Cosenza.
Nel 1974, Pietro Mancini, descrivendo le lotte contadine del primo dopoguerra, in una sua storia del Partito socialista nella provincia di Cosenza, così ricorderà la figura di Rinaldi: «San Lorenzo del Vallo, Spezzano Albanese, Terranova da Sibari, Tarsia, rappresentarono un centro di accese lotte contadine a carattere squisitamente classista. L’epicentro era nel grosso paese di Spezzano Albanese, perché ivi risiedeva il condottiero intelligente del movimento nella persona dell’avv. Giovanni Rinaldi, uomo di severa e pur dolorosa vita privata e di severa disciplina socialista, congiunta ad un cuore d’inestimabile valore affettivo».
A Giovanni Rinaldi sono intitolate una strada di Spezzano Albanese e la locale sezione dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia). (Vittorio Cappelli) © Icsaic, 2025
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Nota bibliografica
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- Raffaele De Cesare, La fine di un Regno (1895), Newton Compton, Roma 1975;
- Ferdinando Cassiani, Spezzano Albanese nella tradizione e nella storia (1929), Brenner, Cosenza 2015;
- Aldo Pugliese, Giovanni Rinaldi una intera vita di fedeltà al Partito, in «Risveglio Cosentino», a. V, n. 1, 10 marzo 1960;
- Pietro Mancini, Il Partito Socialista Italiano nella provincia di Cosenza (1904-1924), Pellegrini, Cosenza 1974;
- Biblioteca Comunale “Giuseppe Angelo Nociti”, Giovanni Rinaldi, Calendario 2011, Imaging & Solutions, Spezzano Albanese Scalo (CS) 2011;
- Lorenzo Coscarella e Paolo Palma (a cura di), Il PCI, la Calabria e il Mezzogiorno. Da Livorno al “partito nuovo” (1921-1953), Pellegrini, Cosenza 2022.