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Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea

  ISBN: 978-88-941045-8-5

  A cura di Pantaleone Sergi

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Sesto, Pantaleone

Pantaleone Sesto [Limbadi (Vibo Valentia), 13 febbraio 1924 – Dachau (Germania), 13 gennaio 1945]

Figlio di Saverio, emigrato per lavoro negli Stati Unuti, e di Carmina Scardamaglia, entrambi contadini. Ebbe una sorella, Rosa e un fratello Antonino, che fu anche lui prigioniero di guerra ma in un campo negli Stati Uniti e nel dopoguerra, per molti anni, sindaco di Limbadi. Quella di Pantaleone Sesto è una storia molto breve e drammatica. Studente a Vibo Valentia, si arruolò ch’era ancora ragazzo come allievo sottufficiale nella Guardia di Finanza per non pesare così sulla famiglia. Era di stanza a Pola, sul confine orientale, quando fu catturato e disarmato dalle truppe naziste (la stessa sorte toccò a quasi 600 mila militari italiani, 50 mila dei quali non tornarono mai a casa). Fu deportato in Germania con il "viaggio" n. 51 che partì da Trieste il 13 giugno 1944 con destinazione Dachau, città sul fiume Amper, nella Baviera, dove giunse due giorni dopo. Su quel carro piombato c'era un numero di deportati compreso tra 272 e 344 tra i quali, oltre lui, i calabresi Domenico Toscano (Reggio Calabria, 12 gennaio 1922) che il 17 agosto 1944 sarà trasferito a Mauthausen, e Sebastiano Pizzimenti (Villa S. Giovanni, 28 dicembre 1911) deceduto nel sottocampo di Gusen il 23 aprile 1945.

La sua deportazione durò sei mesi circa. Non ancora ventunenne, dopo dieci giorni in infermeria con la febbre altissima, il giovane finanziere morì a gennaio del 1945, quando ormai le sorti della guerra erano segnate e la sconfitta del nazifascismo appariva, come poi è stata, prossima: due settimane dopo l’Armata Rossa entrò nel campo di sterminio di Auschwitz.

Un militare scampato al lager nazista, dopo anni, comunicò alla famiglia che era morto per tubercolosi. Ma si sarebbe trattato di una pietosa bugia, visto come andavano le cose in quel luogo di sterminio. L'atto di morte, "ricostruito" dopo 10 anni nel 1955, non indica, ovviamente, le cause del decesso e, soprattutto, non indica il luogo in cui è stato seppellito (se è stato seppellito e non, come si ritiene, bruciato in un forno crematorio).

Come per tanti altri deportati in quel luogo di dolore, Pantaleone Sesto, matricola iniziale n. 70589, non doveva essere trattato come I.M.I. (Internati Militari Italiani), una sigla maledetta che non diede loro, per ragioni legate all'utilizzo della manodopera, lo status e le garanzie dovute ai "prigionieri di guerra". Finì, così, nel lager di Dachau, campo di concentramento che era stato approntato nel marzo del 1933 per la “rieducazione politica” degli oppositori del regime nazista e nel 1939 fu trasformato in campo di sterminio.

L'accanimento nazista contro i militari italiani deportati che si rifiutarono, in massa, di rientrare in Italia e combattere al fianco di Mussolini al quale avrebbero dovuto giurare fedeltà, fu spietato. Anche e soprattutto nel lager di Dachau, dove inizialmente furono internati comunisti, socialdemocratici e cattolici che subirono l'annientamento fisico e psichico. In circa dodici anni di vita del campo, dalla costruzione al 30 aprile 1945, giorno della liberazione, furono eliminati circa 300.000 deportati stroncati dalla fatica e dai bunker dove, incatenati e alimentati con pane e acqua, furono costretti a stare in piedi in piccoli box di sessanta centimetri senza luce né aria.

È noto che a Dachau Sigmund Bascher, medico del campo, si occupò, come altri medici – oltre il tristemente noto Joseph Mengele – di obbrobriose sperimentazioni. Bascher "studiò" gli effetti sull'uomo delle bassissime temperature. Wolfram Sievers, medico dello stesso lager, ideò e fece costruire un'apparecchiatura capace di scarnificare rapidamente i cadaveri al fine di recuperarne le ossa che, triturate, erano vendute dalle S.S. come concime chimico per la fertilizzazione dei terreni agricoli.  Sempre a Dachau, altri medici praticarono sistematicamente l'eliminazione dei prigionieri mediante iniezioni endovenose o intracardiache di fenolo e benzina.

Il fatto che Sesto, classificato con la categoria Schutz, alloggiasse nella baracca numero 10, quella dove finivano i militari in salute, induce a credere che il giovane finanziere di Limbadi sia stato utilizzato come cavia e sia rimasto vittima di questi trattamenti. Come avvenne con le uniche due donne calabresi deportate di cui si notizia: Filomena Carrino una ragazza nata a S. Lorenzo il 2 gennaio 1927 deceduta, alla vigilia dei suoi diciotto anni, e Maria lozzo, vibonese deportata ad Auschwitz. (Francesca Raimondi) © ICSAIC 2023 – 04

Nota archivistica

  • ITS - Arolsen Archives (International Center on Nazi Persecution) di Bad Arolsen;
  • Museo della Deportazione di Dachau.

Nota bibliografica

  • Valeria Morelli, I deportati italiani nei campi di sterminio: 1943-1945, Scuole grafiche pav. Artigianelli, Milano 1965;
  • P. Ser., Aveva ventuno anni e morì in un campo di sterminio nazista, in «Giornale di Limbadi», anno II, n. 1, gennaio 2005;
  • Libro dei deportati, Ricerca del Dipartimento di Storia dell'Università di Torino diretta da Brunello Mantelli e Nicola Tranfaglia, I Vol., III tomo, Giovanna D'Amico, Giovanni Villari, Francesco Cassata (a cura di), I deportati politici 1943-1945, Mursia, Milano 2009, p.  1976;
  • Francesca Giofrè, Morì nel campo di concentramento di Dachau, la storia del ventenne di Limbadi Pantaleone Sesto, in «lacnews24.it», 27 gennaio 2022, https://www.lacnews24.it/cronaca/mori-nel-campo-di-concentramento-di-dachau-la-storia-del-ventenne-di-limbadi-pantaleone-sesto_149484/.

Ringraziamenti

  • alla professoressa Giovanna D’Amico dell’Università di Messina;
  • al prof. Brunello Mantelli dell’Università della Calabria e di Torino;
  • al dott. Rocco Lentini, presidente e direttore dell'istituto "Ugo Arcuri" per la Storia dell'Antifascismo e dell'Italia Contemporanea di Cittanova.

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