Michele Sorrenti [Rende (Cosenza), 25 ottobre 1941 - Treviso, 2 dicembre 2005]
Nacque da Ada Imbrogno, originaria di Lappano, e da Giuseppe, nativo di Rende. La famiglia Sorrenti proveniva da Cittanova in provincia di Reggio Calabria. Il nonno Beniamino, infatti, ai primi del Novecento, si era trasferito a Rende, dove esercitava la professione di avvocato e insegnante. La nonna, invece, Concetta Ciancio-Mascaro, apparteneva a una famiglia di Rende. L'avvocato Beniamino a Cittanova aveva diciotto fratelli, con i quali rimase sempre in contatto ed ebbe undici figli.
Il padre, chiamato Peppino, nato nel 1911, che lavorava nelle Ferrovie dello Sato, era da tutti benvoluto per l'innata simpatia, la proverbiale bontà e il grandissimo senso di amicizia, che aveva nei confronti di tutti. Nel 1953 con la famiglia si trasferì in Veneto, esattamente a Paese, cittadina a cinque chilometri da Treviso, dove era stato nominato capostazione. Inizialmente, entrambi i genitori di Michele pensavano a una permanenza di pochi anni, considerato l'amore e l'attaccamento al paese natio e il desiderio di poter rientrare definitivamente nella propria terra. I programmi, tuttavia, per una serie di fattori, legati allo studio dei figli, alla sistemazione appena trovata, non andarono per il verso atteso, anche se i contatti con i parenti rimasti in Calabria rimasero intensi, solidissimi e sempre vivi.
Oltre a Michele, che era il secondogenito, c'erano altri due fratelli Beniamino e Francesco, detto Franco. Michele sin dalla più tenera età rivelò le sue doti atletiche: è stato un promettente calciatore ma ottenne pure ottimi risultati come centometrista. A 14 anni riuscì a realizzare un tempo di tutto rispetto sui 100 metri piani: 11 secondi netti e questo gli consentì di entrare a far parte della squadra della staffetta 4x100 della sua scuola con la quale partecipò ai campionati studenteschi e regionali.
Un giorno del 1956, appena iniziate le scuole superiori, presso il campo scuola del Coni di Treviso, assistette agli allenamenti del lancio del peso. Guardava con ammirazione il gesto atletico di un compagno di classe, il quale, secondo quanto raccontava lui stesso, con una certa supponenza, lo invita a farsi da parte dicendogli: «Non è roba per te. Sei troppo magro ed esile, questi non sono sport per te ». Michele, che, oggettivamente, aveva una struttura longilinea ma non molto robusta, prese questa considerazione, non certo maligna, come un'offesa e visse, con profondo disagio interiore, come qualcosa che lo toccava e lo disturbava dentro, l'esclusione aprioristica da questo sport.
Da quel momento, per una serie di motivazioni interiori, in lui scattò un meccanismo di reazione e si misero in moto, quasi automaticamente, quella grandissima forza di volontà , quella cocciuta caparbietà e quella determinazione che lo hanno reso famoso e che gli hanno permesso di raggiungere risultati di altissimo livello. Da quel momento si dedicò, con allenamenti quotidiani e intensissimi, senza interruzioni di alcun genere, esclusivamente a una preparazione atletica e tecnica per quello sport: il lancio del peso. Cominciò ad allenarsi inizialmente con rabbia, col desiderio di bruciare le tappe, poi subentrò a poco a poco una certa ponderatezza e allora con rigore e disciplina, vivendo lo sport come un asceta, diventò uno studioso di attività motorie, di pesistica, di nutrizionismo, di pliometria. di balistica. Seguì nel frattempo, con grande attenzione i sistemi di allenamento dei grandi lanciatori americani. Si costruì in casa una palestra, con l'attrezzatura per il sollevamento pesi. Progressivamente, cominciò ad aumentare di peso, le masse muscolari tesero ad assumere nuove forme, nuovi spessori, con un plastico irrobustimento di tutte le fasce. In quegli anni partecipò alle prime gare con il peso da 5 kg. per poi gradatamente passare a pesi maggiori. A gennaio del 1957 iniziò l'attività agonistica nel campo della pesistica ancora in ambito scolastico e dilettantistico ma si segnalò subito per i buoni risultati.
Vincendo il campionato provinciale studentesco entrò a far parte del Gruppo Atletico Trevigiano e fu subito notato dai vertici federali. Venne convocato a Formia, dove allora aveva sede il campo scuola della Federazione Italiana di Atletica Leggera (oggi Fidal) e iniziò il suo percorso da professionista. Passò subito alla Coin di Mestre e poi entrò a far parte del Gruppo Sportivo Fiat diretto da Giampiero Boniperti.
A luglio del 1963, durante il servizio militare, ottenne di partecipare ai campionati mondiali militari di atletica ottenendo un discreto piazzamento. L'anno dopo debuttò in Nazionale nel Quadrangolare tra Francia, Italia, Svizzera e Svezia e da quel momento fece parte della squadra fino agli Europei del 1975. Seguì corsi di perfezionamento, ma alla base di tutto c'è stata sempre la sua tenacia, il suo amore sconfinato, continuo e costante per lo sport, inteso come approfondimento e innalzamento delle facoltà fisiche e intellettive.
Flavio Asta, altro notissimo campione di peso e di lancio del disco di quegli anni, aveva superato il record di Meconi con 18,99 e a sua volta venne superato da Michele. Erano amici e rivali sportivi, ma sempre con grande rispetto e stima. Si erano anche allenati insieme. «Michele - sosteneva Asta - si allenava in una specie di bunker, utilizzando ruotine dei treni dismessi e pezzi di rotaie come bilancieri. Altri tempi, ma lui all'atletica, quella vera, quella pulita, ci credeva sul serio… ».
Nel 1966 fece parte della delegazione, insieme con Ottoz, Frinolli, Bianchi, Cornacchia e Ottolina, che Tuttosport chiama i «dodici pionieri », che partecipò a Dortmund al primo Criterium Europeo indoor, che dal 1970 diventarono ufficialmente i Campionati Europei d'Atletica. Nello stesso anno, a Firenze, con i colori della Coin, si laureò campione italiano di lancio del peso con la misura di mt. 17,12, ma, purtroppo, qualche mese dopo subì un grave infortunio al polso che lo costrinse a un anno di inattività . Senza abbattersi, dimostrando una forza d'animo non comune e delle capacità di recupero davvero eccezionali, a distanza di poco più di un anno rientrò in attività e nel 1972, con il Gruppo Fiat, conquistò di nuovo il titolo italiano a Roma con la misura di 17,42 mt. Il 31 luglio 1973, a Padova, stabilì un nuovo record: è il primo italiano che riesce a superare il muro del 19 metri, fissando così il primato italiano a mt. 19,02. Si riconferma campione l'anno successivo, sempre a Roma, con mt. 18,25 e nel 1974, a Genova, con 18,38 conquista il titolo Indoor.
Nel corso della sua carriera ha partecipato a 21 meeting internazionali di atletica, a 15 campionati italiani oltre a cinque Coppe europee e altre competizioni. In un'intervista del luglio 1973 alla Gazzetta dello Sport, dichiarò: «Sorrenti come sportivo è nato solo e morirà solo; io sento tutti, guardo tutti e di tutti, tecnici e atleti, vaglio lo stile e le esperienze, ma assimilo solo ciò che fa al caso di Sorrenti. Devo qualcosa a tutti e niente a nessuno. Il mio è il record della famiglia Sorrenti, è un record che sa di sofferenza e sacrificio ».
Con lo stesso spirito, con la stessa passione, con la stessa attenzione, una volta ritiratosi dalle competizioni, si dedicò all'insegnamento per trasmettere alle nuove generazioni l'amore per lo sport e per l'atletica in particolare.
Si racconta che durante una delle tradizionali premiazioni annuali, che il Gruppo C.S. Fiat, teneva per onorare gli atleti più meritevoli e che avevano meglio figurato nel corso della stagione, al momento dell'incontro ravvicinato con il mitico avvocato Gianni Agnelli, ebbe l'ardire, lui che era timido e riservato nonostante la mole, di chiedere se era possibile avere qualche "buono bistecca", che era un modo per indicare una forma di previdenza integrativa che toccava agli atleti-dipendenti più meritevoli e che implicava anche la concessione di alcuni giorni di permesso extra per gli allenamenti. «Ma come, lei è già così grosso e vuol diventare ancora più gvosso? », replicò l'Avvocato con la sua nota erre, provocando il sorgere sul volto di "Michelone" di un'ondata di rosso cardinalizio, ma poi, a quel che si sa, quell'aiuto glielo accordò perché lo aveva visto in azione.
Morì all'età di 64 anni. Lasciando la sua amata moglie Giuseppina e l'adorato figlio Giuseppe.
In Calabria, il Comune di Rende prima, con una cerimonia tenutasi il 31 maggio 2009, e il comune di Lappano poi, in data 22 settembre 2013, hanno intitolato al campione calabrese, rispettivamente una via e una piazzetta del centro cittadino (Largo Michele Sorrenti). (Antonio Orlando) © ICSAIC 2022 - 10
Nota bibliografica
- Annuario Federale di Atletica (Fidal), editori vari, annate 1961-1974, in Archivio Storico dell'Atletica Italiana (Asai) "Bruno Bonomelli", Brescia;
- Dante Merlo, Criterium europeo indoor, in «Atletica Leggera », 12, 26 marzo 1966;
- Valter Esposito, È morto Michele Sorrenti, campione della Coin, in «Nuova Venezia », 7 dicembre 2005;
- Mariano Berti, Una via dedicata a Michele Sorrenti, in «Tribuna Veneta », 11 giugno 2009;
- Il paese calabrese di Rende dedica una via al pesista Sorrenti, in «Il Gazzettino Veneto », 22 giugno 2009;
- Una strada per ricordare Michele Sorrenti, in «Atletica Veneta », luglio 2009;
- Piazzetta intitolata a Michele Sorrenti, in «La Gazzetta del Sud », 18 settembre 2013.