Vincenzo Sprovieri [Acri (Cosenza) 20 febbraio 1823 - 15 gennaio 1895]
Nacque da Michele e da Beatrice Majerà , una delle famiglie possidenti di Acri. Fratello del più noto Francesco, compì i primi studi nel rinomato collegio italo-greco di S. Adriano a San Demetrio Corone, dove cominciò a prendere cognizione del forte sentimento patriottico e rivoluzionario. Conclusi gli studi si trasferì a Napoli dove frequentò i corsi di diritto.
Fu parte attiva nell'insurrezione cosentina del 1844 e dovette fuggire per evitare di finire davanti al plotone di esecuzione con i fratelli Bandiera nel vallone di Rovito. Nel 1848, scoppiata la rivolta fu nominato capitano e assunse il comando della V compagnia della Guardia Nazionale di Acri. Fu impegnato in combattimento, dove si distinse per il valore, presso Spezzano Albanese affiancando il generale Ribotti durante la battaglia. Malgrado la pesante sconfitta, nell'aprile del 1849, Sprovieri organizzò con altri patrioti una nuova congiura a Cosenza per avviare una seconda rivolta. Ma, a causa di una delazione fu scoperto, arrestato e condannato a morte. La pena gli fu commutata in 30 anni di ferri e successivamente fu fatto uscire dal carcere dietro il versamento di una cauzione 1500 ducati.
Durante il periodo successivo visse facendosi passare per frate fuggendo dalla Calabria verso Napoli dove, grazie ad alcuni patrioti e in particolare per mezzo di Guglielmo Tocci, trovò alloggio nella villa dei baroni Campagna in S. Iorio. Nella capitale riuscì a muoversi liberamente, protetto da alcuni frati, grazie alla compagnia di un padre Cappuccino che lo copriva negli spostamenti con la sua presenza. Riconosciuto, però, da un agente della polizia borbonica che lo aveva arrestato a Cosenza, dovette fuggire da Napoli. Riuscito a imbarcarsi sul vapore inglese Wanderer sbarcò a Malta. A Malta, fu munito di un passaporto piemontese dai compagni della rete cospirativa, e poté ritornare prima a Napoli e successivamente partì con un vapore per Genova dove si ricongiunse con il fratello Francesco.
Dal capoluogo genovese si recò a Torino dove, con altri patrioti che si trovavano lì esuli, partecipò attivamente all'organizzazione della rete di propaganda politica e patriottica. Nel 1860 partecipò alla spedizione dei Mille, aggregato alla III compagnia sotto il comando di Francesco Stocco. Venne imbarcato sul vapore Lombardo. Si distinse per il suo valore a Calatafimi e gli fu conferita una medaglia d'argento al valore militare. Il 17 giugno con decreto dittatoriale fu nominato ufficiale di casermaggio presso l'Intendenza generale. L'11 luglio 1860 fu promosso capitano di fanteria incaricato della direzione dell'ufficio speciale di casermaggio. Dopo la liberazione della Sicilia trasferitosi in Calabria fu nominato comandante provvisorio della legione calabrese della Divisione Francesco Stocco. Il successivo 18 ottobre fu promosso maggiore di Fanteria e il 2 novembre fu nominato Commissario di 1 ª classe presso la Intendenza dell'esercito garibaldino.
Dopo l'impresa dei Mille fece ritorno ad Acri. Nel 1861 gli fu conferita la medaglia d'argento per essersi distinto nella battaglia di Calatafimi e gli fu assegnata una pensione per l'impresa dei Mille. Il 26 giugno fu nominato colonnello, ispettore dei Battaglioni della Guardia Nazionale mobilizzata nelle province napoletane, e fu messo a disposizione del comandante generale del Dipartimento militare di Napoli.
Nello stesso anno 1861 fu eletto deputato per il collegio di Corigliano Calabro e lo rappresentò per 5 legislature dalla VIII alla XII. Alcuni interventi degni di nota furono, nella VIII Legislatura del Regno d'Italia sulla questione relativa alle strade e alle ferrovie che, a suo giudizio, avrebbero dovuto essere fatte per conto dello Stato. Nella IX Legislatura del Regno d'Italia intervenne denunciando la necessità di investire quanto proveniva dalla soppressione delle corporazioni religiose. Inoltre, si associò, secondo alcuni senza spendersi troppo, alla battaglia parlamentare contro la tassa sul macinato, istituita il 7 luglio 1868 sotto il governo di Luigi Menabrea, entrata in vigore il 1 ° gennaio del 1869.
Sprovieri con altri colleghi invitò il governo a una riscossione della tassa più graduale.
Fu Presidente del Consiglio provinciale di Cosenza per dieci anni e sindaco di Acri dal 1861 al 1884. Il 15 maggio 1876 fu nominato senatore. Respinse la nomina a Prefetto che gli era stata offerta diverse volte. Nel 1876 rifiutò la nomina a Segretario generale al ministero dell'Interno offertagli da Giovanni Nicotera per non allontanarsi dalla propria famiglia e dalla città . Nel 1885 si ritirò a vita privata.
Rimase celibe. Morì poco prima di compiere 72 anni.
La città di Acri gli ha intitolato una via. Fu decorato con quattro medaglie d'argento, una medaglia di bronzo, la Croce di grande ufficiale della Corona d'Italia, la Croce di Commendatore della Corona d'Italia, la Cavaliere ufficiale dei SS. Maurizio e Lazzaro e infine nominato Commendatore dei SS. Maurizio e Lazzaro. (Fabio Arichetta) © ICSAIC 2021 - 01
Nota bibliografica
- Atti parlamentari, Camera dei deputati, legislatura IX, sessione I, 1865-1866, pp. 3271-3272;
- Raccolta dei documenti stampati per ordine della Camera, volume II, n. 23-52: Legislatura X, p. 3502;
- Emilia Morelli, L'archivio di Francesco Sprovieri, «Rassegna storica del Risorgimento », XXV, VII, luglio 1938, pp. 980-981.
- Cesare Minicucci, I calabresi dei Mille di Marsala: i fratelli Francesco e Vincenzo Sprovieri di Acri. Centenario garibaldino 1860-1960, «Cronaca di Calabria », 7 febbraio 1960, pp. 3-4.
- Pietro Camardella, I Calabresi della spedizione dei Mille, Accademia cosentina, Cosenza 1976, pp. 97-101.
- Angela Picca, Garibaldini calabresi. I fratelli Sprovieri Vincenzo (Acri 1823-1895) e Francesco (Acri 1826 - Roma 1900), «Apollinea » XIX, 4. luglio-agosto 2015, pp. 24 e ss.
- Luigi Falcone e Antonello Savaglio, Il contributo della famiglia Sprovieri di Acri, Editrice Ermes, Potenza 2015, pp.75 e ss.
Nota archivistica
- Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano in Roma, Fondo Sprovieri.