Giovanni Vercillo (Catanzaro, 11 ottobre 1908 – Roma, 18 marzo 1944)
Figlio di Luigi e di Teresa De Riso. Studiò al Liceo Classico Galluppi di Catanzaro e quindi si laureò in Giurisprudenza.
Referendario «colto e apprezzatissimo» alla Corte di Conti, durante la guerra era capitano di artiglieria, di complemento, addetto allo Stato Maggiore in Monterotondo (Roma).
Dei quattro martiri calabresi delle Fosse Ardeatine era l’unico militare in servizio.
Faceva parte del Fmcr (Montezemolo), Gruppo militare clandestino Fossi, dal nome del suo fondatore, il tenente colonnello di fanteria in s.p.e. Alessandro Fossi.
Vercillo era incardinato nella Segreteria centrale, più precisamente nella II Sezione (affari generali) di questa formazione partigiana, che aveva altre due sezioni centrali e nove cellule che agivano a compartimenti stagni, coordinate dalla Sezione informativa.
La principale attività del Gruppo Fossi si svolse nel campo delle informazioni militari che confluivano in un bollettino giornaliero, dattilografato su carta velina, destinato in 7/8 copie al Centro Militare Clandestino, alla V Armata americana, al Partito d’Azione, alla Massoneria (avv. Majocco), ad alcuni ufficiali e ad un certo dott. Selvaggi, che risulta anche aver finanziato il Gruppo con 200mila lire. Dovrebbe trattarsi di Vincenzo Selvaggi, fondatore e segretario del Partito Democratico Italiano (monarchico). Del bollettino, che conteneva anche notizie politiche sulla Repubblica Sociale Italiana, vennero realizzati 150 numeri, per un totale di 5894 notizie, fino al 13 marzo 1944, data dell’ultimo numero. Il Gruppo Fossi svolgeva anche attività di falsificazione di documenti, curava uno schedario di persone sospette di favoreggiamento verso la Rsi e i tedeschi e forniva assistenza di vario tipo agli ufficiali alla macchia.
Sull’arresto del capitano Vercillo le fonti divergono. Nel fascicolo a lui intestato e firmato da un parente magistrato, tale Uberto Antonelli, si legge che fu arrestato il 18 marzo 1944 in via Lucullo, nei pressi di via Veneto, da un ufficiale delle S.S. e da «un signore in borghese». All’arresto si giunse a causa di «sospettati collegamenti con le autorità militari alleate». Addosso gli sarebbero stati trovati fogli di propaganda anti-tedesca. Nelle Annotazioni si aggiunge che per la sua liberazione furono interessati il Vaticano e padre Pancrazio, generale dei Salvatoriani, una congregazione religiosa di origine tedesca. Per la sua difesa furono interessati prima l’avvocato Bruno Cassinelli, l’ex deputato socialista che difese numerosi antifascisti anche davanti al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, e poi un certo avvocato Toscano.
Diversa, invece, la versione dell’arresto di Vercillo fornita dal ten. col. Fossi. Secondo l’ufficiale, il 17 marzo il Gruppo subì alcuni arresti, in seguito a una delazione, tra cui quello della staffetta e stenodattilografa Alberta Trubiani e del maresciallo Haipel. La mattina seguente vennero arrestati nelle loro abitazioni i capitani Azzarita, Villoresi, Leotardi e Vercillo. Quest’ultimo era domiciliato in piazza Mazzini 27 e fu condotto poi in via Tasso «a disposizione dell'Aussen-Kommando sotto inchiesta di polizia». Di Via Tasso come luogo di detenzione si parla anche nel fascicolo Anfim di Vercillo in cui si precisa (con una buona dose di burocratica ingenuità!) che non si erano potute avere notizie sul trattamento ricevuto in quella prigione.
In effetti, dai fascicoli della «Associazione Nazionale tra le famiglie dei Martiri trucidati dai nazi-fascisti» risulta che i capitani Manfredi Azzarita e Renato Villoresi, vittime anch’essi dell’eccidio, furono arrestati nelle loro abitazioni. Perché Vercillo sarebbe stato invece arrestato in una zona di Roma lontana da casa sua, come sostiene il parente magistrato che abitava (come risulta dalla firma apposta sulla scheda) anche lui in piazza Mazzini 27? In una strada, peraltro, via Lucullo, dove aveva sede il Tribunale militare germanico, che vi si era trasferito in gennaio dal vicino Hotel Flora. C’è qualcosa che non torna, che non si riesce a spiegare in questa discordanza narrativa.
Quanto al motivo della cattura degli ufficiali del Gruppo, ecco la versione del ten. col. Fossi, priva però del nome del delatore, che potrebbe essere rimasto sconosciuto o in dubbio: «Si presume che l’arresto degli elementi della centrale sia stato dovuto a delazione diretta verso il Maresc. Haipel (un altro martire delle Fosse Ardeatine n.d.a.) e la Sig.na Trubiani. Sembra, da quanto risulta, che il Maresc. Haipel, benché sottoposto a terribili sevizie, non abbia parlato, ma che invece abbia rivelato, quanto a sua conoscenza, la Sig.na Trubiani, costringendo così anche l’Haipel a fare delle ammissioni, il che avrebbe provocato l’arresto dei capitani: Azzarita, Villoresi, Leotardi e Vercillo».
Quali che siano state le modalità dell’arresto, sta di fatto che sei giorni dopo, fu prelevato dal carcere di via Tasso e condotto alle cave Ardeatine dove venne ucciso.
Giovanni Vercillo, medaglia d’oro, non era sposato. Al momento della morte aveva la madre settantacinquenne, due sorelle, una a Catanzaro l’altra a Pescara, e un fratello sposato.
A Roma c’è una lapide che lo ricorda e gli è stata intitolata una rampa al quartiere Trionfale. Una strada gli è stata intitolata anche a Catanzaro, quella comunemente chiamata Salita di Mauro. Nel 2009 il sindaco del capoluogo calabrese, Rosario Olivo, scoprì una rinnovata targa di identificazione della via, nella quale fu precisato che Vercillo è medaglia d’oro in quanto «martire delle Fosse Ardeatine». La precedente targa, infatti, riportava soltanto la qualifica generica di «medaglia d’oro» (Paolo Palma) © ICSAIC 2023 – 04
Nota archivistica
- Relazione sull’attività svolta dal Gruppo Militare Clandestino «Fossi» durante l’occupazione tedesca in Roma dal 9 settembre 1943 al 4 giugno 1944, ottobre 1944, in https://miles.forumcommunity.net/?t=5222243;
- Archivio Anfim (Associazione Nazionale tra le famiglie dei Martiri trucidati dai nazi- fascisti), Fascicolo Vercillo Giovanni, Caduto ardeatino, sarcofago n. 79.
Nota bibliografica
- Armando Troisio, Roma sotto il terrore nazi-fascista, Lit Edizioni, Roma 2014;
- Alessia A. Glielmi, Il corpo e il nome. Inventario della Commissione tecnica medico-legale per l’identificazione delle vittime delle Fosse Ardeatine (2944-1963), Viella, Roma 2020, pp, 217-218;
- Paolo Palma, I martiri calabresi alle Fosse Ardeatine tra delatori, spie e la famigerata “Banda Koch”, in «Rivista calabrese di storia del ’900», 1, 2021, pp.