Ugo Vetere (Reggio Calabria, 23 aprile 1924 – Viterbo, 2 aprile 2013)
Nacque da Guido Domenico, che a Reggio prestava servizio quale ufficiale dell’esercito, e da Maria Chiarina Iaconianni, entrambi originari di Malvito, comune della Valle dell’Esaro in provincia di Cosenza, i quali ebbero anche una figlia, Filippina.
Trascorse l’infanzia laddove il padre era destinato per servizio. Trasferito a Roma, frequentò la Scuola (ex Collegio) Militare di Via della Lungara, secondo i desideri della famiglia. Ma la situazione nel Paese, con la caduta del fascismo e poi con l’armistizio e l’occupazione della capitale da parte dei nazifascisti lo indusse, assieme ad altri compagni di corso, a seguire il gruppo della Resistenza romana facente capo al colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo (che venne fucilato alle Fosse Ardeatine) denominato Fronte Militare Clandestino. Quando, nel giugno del 1944, la città venne liberata dalle truppe del generale Clark, Vetere andò a combattere con il Cnl nel nord Italia, rientrando a Roma solo alla fine del conflitto.
L’esperienza della battaglia per affermare i valori della democrazia e della giustizia sociale costituì una solida base per la sua formazione politica e sindacale. Conseguito il diploma di maturità, Vetere iniziò, la sua attività lavorativa e poi sindacale a Roma, nella Cgil fondata nel giugno del 1944 da Giuseppe Di Vittorio, Emilio Canevari e Achille Grandi, che si richiamava alla Confederazione generale del lavoro nata nel 1906 e sciolta dal fascismo: divenne in seguito segretario provinciale e dal 1956 segretario nazionale della Funzione Pubblica.
Il 28 giugno 1956 in Campidoglio sposò con rito civile la professoressa Germana Magni e dalla loro unione nacquero tre figli: Guido, Chiara ed Elisabetta.
Vetere era da tempo uno dei collaboratori più fidati di Di Vittorio. Al sindacalista e parlamentare pugliese lo accomunavano la passione e la fermezza nel difendere e promuovere i valori della solidarietà e dell’equità, ma anche la condivisione di prese di posizione interne al partito, come avvenne proprio nel 1956 a seguito dell’invasione sovietica in Ungheria, che determinarono attriti con il segretario Palmiro Togliatti.
Nei primi anni Sessanta lasciò la dirigenza sindacale per dedicarsi alla militanza e all’attività della federazione romana del Pci e nel 1966 venne eletto nel consiglio comunale capitolino e designato capogruppo. Dopo questa esperienza, tra i banchi dell’opposizione, venne candidato nel 1972 alla Camera dei Deputati nella circoscrizione di Roma, risultando eletto, e venne nominato segretario della I Commissione Affari Costituzionali e vice-presidente della Commissione parlamentare per il riordinamento dell’amministrazione dello Stato e per il decentramento delle funzioni dei dipendenti statali.
Venne rieletto nel 1976 (VII legislatura) divenendo componente anche della VI Commissione Finanza e Tesoro. Proprio in quell’anno al Comune di Roma i partiti della sinistra ottennero la maggioranza e nacque la prima giunta “rossa” del dopoguerra con la nomina alla carica di sindaco del critico d’arte Giulio Carlo Argan (indipendente) e di tale giunta Vetere fece parte quale assessore al Bilancio, per riconosciuta competenza in tale settore. La delega fu confermata nel 1979, dopo le dimissioni per motivi di salute di Argan, dal suo successore Luigi Petroselli, giornalista, tesserato Pci, che nel 1976 aveva ottenuto più preferenze di Andreotti, candidato dalla Dc per arginare l’ascesa della sinistra al Campidoglio.
Le giunte guidate da Argan e Petroselli lasciarono il segno e, oltre alle iniziative culturali (L’Estate Romana, in primis, ideata dall’assessore Renato Nicolini), iniziò la riqualificazione delle periferie e venne avviata la realizzazione di migliaia di alloggi per gli sfrattati, dell’illuminazione pubblica, dell’asfalto delle strade, di centri per anziani e per l’infanzia, il potenziamento dei trasporti pubblici. Petroselli, il 7 ottobre del 1981, al termine di un suo intervento al Comitato Centrale del Pci, venne colto da infarto e morì all’età di quasi 50 anni.
Vetere venne nominato sindaco nella settimana successiva, dimettendosi dalla carica parlamentare (era stato rieletto nel 1979) e nel suo mandato si dedicò al completamento dell’opera di risanamento delle borgate, all’ampliamento delle linee della metropolitana, all’edilizia scolastica e agli asili nido, alla realizzazione della seconda università, a una più ampia integrazione sociale, proseguendo nel risanamento del bilancio da lui stesso in precedenza avviato e gestito.
Aveva un rapporto diretto con la popolazione che lo ha amato, rispettato, apprezzato per il suo lavoro e per la sua vicinanza e per il suo impegno verso gli ultimi e i senza fissa dimora. Instaurò un rapporto di condivisione dei problemi degli indigenti e dei disadattati della città con don Luigi Di Liegro, fondatore della Caritas diocesana di Roma, al quale lo legava un profondo sentimento di stima e ammirazione, pur nel pieno rispetto delle rispettive convinzioni ideologiche. Ebbe, inoltre, frequenti rapporti con la comunità calabrese, la quinta parte della popolazione di Roma.
Al termine del suo mandato, nel 1985, i risultati delle “giunte rosse” furono evidenti, con un tangibile sviluppo sociale e urbanistico, la creazione e l’espansione di aree verdi e spazi pubblici, il recupero e la valorizzazione dell’ingente patrimonio archeologico e architettonico. Degli anni in cui fu sindaco si rammenta anche il trattato simbolico di pace (“protocollo di amicizia”) che poneva fine, a più di duemila anni di distanza, alla guerra tra romani e cartaginesi, firmato da Vetere e dalla figura equivalente al sindaco di Cartagine, il generale Chedli Klibi, il 20 gennaio del 1985.
Qualche mese prima, il 13 marzo del 1984, accadde un grave fatto di cronaca nella scuola media “Ignazio Silone” nel quartiere di Val Melaina. Uno squilibrato fece irruzione nell’edificio e uccise un bidello, prendendo in ostaggio gli scolari. Vetere, appresa la notizia, giunse sul luogo e si propose quale ostaggio contro il rilascio dei bambini, riuscendo attraverso valide argomentazioni a convincere il sequestratore a rilasciare gli alunni e a consegnargli il fucile, favorendone il fermo da parte della Polizia. Per tale atto nel 1986 gli venne conferita dalla Presidenza della Repubblica la medaglia d’argento al valor civile.
Spesso sottolineava che era «il sindaco di chi mi ha votato, di chi non mi ha votato e di chi mi ha votato contro». Il suo obiettivo era quello di fare uscire Roma dall’emergenza continua e con passione e abnegazione vi era in gran parte riuscito. «Credeva nella politica come servizio e ha operato con sobrietà, semplicità e rigore, orientato sempre al bene della collettività. Ecco perché ha ottenuto il rispetto e l’ammirazione da parte dei romani», così lo ha descritto Fulvio Callisto, suo stretto collaboratore ed ex-sindaco di Malvito.
Terminata l’esperienza di primo cittadino della capitale, con le elezioni vinte dalla Dc che aveva messo in campo l’«artiglieria pesante» per riconquistare il Campidoglio, e che espresse un altro sindaco nato in Calabria, Nicola Signorello, Vetere si dedicò prevalentemente al Partito. Con la Dc non ebbe mai un buon rapporto, e vi furono polemiche anche con il cardinale vicario Ugo Poletti. Venne prosciolto da accuse di peculato riferite alla gestione di appalti ordite dagli avversari politici: in realtà, aveva evitato infiltrazioni mafiose nel settore edilizio a Roma.
Nel 1987 il Pci lo candidò al Senato, nella Circoscrizione Roma VII, e risultò eletto nelle consultazioni tenutesi il 14 e 15 giugno. Nel Lazio, quell’anno, venne eletto senatore nel Collegio di Tivoli anche Giulio Carlo Argan. Vetere, durante il suo mandato, fu anche membro e poi vice-presidente della I Commissione Affari Istituzionali, membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, e membro supplente della Commissione parlamentare per i procedimenti di accusa.
È sempre stato al fianco dei lavoratori, degli ultimi e dei dimenticati, difendendone i loro diritti. Chiusa la legislatura nell’aprile del 1992, si ritirò nella sua casa di San Martino al Cimino, una frazione di Viterbo, con occasionali uscite per eventi e per tornare a Malvito, dove si recava per brevi periodi e ritrovava parenti, amici e compagni di partito, e dove aveva espresso il desiderio di essere sepolto alla sua morte. Riposa, però, nel cimitero di San Martino al Cimino, frazione di Viterbo, cittadina nella quale la famiglia ha continuato a vivere dopo la sua scomparsa, avvenuta all’età di 89 anni. La camera ardente venne allestita in Campidoglio, dove i romani gli tributarono il loro ultimo saluto.
Il 12 gennaio 2023, a quasi dieci anni dalla sua scomparsa, il Consiglio Comunale di Roma, sindaco Roberto Gualtieri, ha deliberato l’intitolazione a Ugo Vetere di una strada della Capitale. (Letterio Licordari) © ICSAIC 2023 – 06
Nota bibliografica
- Marco Sappino, Ugo Vetere eletto sindaco, in «l’Unità» (Roma-Regione), 16 ottobre 1981, p. 10;
- Marco Sappino, Andrà avanti l’azione di rinnovamento. Ugo Vetere riconfermato sindaco, in «l’Unità» (Roma-Regione), 29 luglio 1982, p. 9;
- S.F., Un grosso abbaglio le accuse a Vetere, in «La Stampa», 20 aprile 1983, p. 2;
- Sergio Criscuoli, Sei ore di terrore nella scuola, in «l’Unità», 14 marzo 1984, p. 1;
- D. Martini, Signor Sindaco, parliamo di quel brutto giorno di una settimana fa, in «l’Unità» (Roma-Regione), 20 marzo 1984, p. 10
- P. Sacchi, Roma e Cartagine fanno pace. Accordo tra i sindaci, in «l’Unità» (Roma-Regione), 7 febbraio 1985, p. 16;
- Guglielmo Pepe, Pace tra Scipione e Annibale “Non più nemici ma alleati”, in «La Repubblica», 5 febbraio 1985;
- Alessandro Capponi, Addio al sindaco delle periferie romane (1981-1985), in «Corriere della Sera», 3 aprile 2013;
- Giuseppe Pullara, La via per Vetere l’eroe, in «Corriere della Sera», 12 dicembre 2019;
- Portali Camera dei Deputati (www.storia.camera.it) e Senato della Repubblica (www.senato.it)
Nota archivistica
- Comune di Reggio di Calabria, Ufficio Stato Civile, Atti di nascita, n. 899, 28 aprile 1924 (con annotazione del matrimonio e del decesso).