La storia del partigiano Carmelo Araniti sarà ricordata mercoledì 29 agosto alle ore 18,30 in piazza Enrico Fermi a Gasperina, con la presentazione di un libro dal titolo “Ricorda. Storia di un semplice partigiano garibaldino” (il filorosso editore) di cui è autore il figlio Franco. Si tratta di un’opera che, come viene presentata, costituisce un «esempio letterario di “brevitas” efficacissima che meriterebbe di essere inclusa in una raccolta antologica ». Nel quadro delle iniziative promosse dalle comune di Gasperina che può vantare un sindaco di grande levatura democratica, la figura dell’umile fante “Melo“, che fece la coraggiosa scelta partigiana,verrà ricordata in una manifestazione intesa a valorizzare storia e memoria, promossa dal Comune in collaborazione con L’Anpi dal titolo “L’Anpi d’estate 2018.Interverranno il sindaco di Gasperina Gregorio Gallello, il presidente provinciale dell’Anpi di Catanzaro Mario Vallone e il suo omologo di Cosenza Maria Pina Iannuzzi che ha curato la prefazione del volume, oltre naturalmente a Franco Araniti, poeta e scrittore che racconta questa storia emblematica che ci ricorda cos’è stato il fascismo e com’è stato doveroso combatterlo.
«Gli scritti del poeta Franco Araniti, figlio del compagno combattente Melo, vivificano la memoria di una Resistenza che va raccontata – si legge nella prefazione – ma che va soprattutto amata. Parole lucide, vere e profonde che esortano a non desistere dalla lotta, a impegnarci per essere cittadini consapevoli in un tempo liquido e insidiato da interessi che fatichiamo a comprendere ».
Carmelo Araniti fu uno di quei tanti giovani italiani mandati al massacro dal regime fascista. È nato e cresciuto nella vallata del Gallico, fu chiamato alle armi nell’aprile del 1939 e arruolato nell’ 83 ° Reggimento della Fanteria per andare a combattere in Albania.
Fascismo e Dopoguerra
Questa pubblicazione – si legge sul sito Esteticamente – merita attenzione perché tocca aspetti molto interessanti della storia del Fascismo e del Dopoguerra. Anzi, tutto quanto contenuto nell’opera edita da “Il filorosso” è puramente storia d’Italia e del meridione. Ad esempio, l’arresto di Carmelo Araniti, a soli 13 anni, per “pascolo abusivo”, effettuato dai carabinieri accompagnati dai fascisti più radicali del paese. Correva l’anno 1932. In carcere, un mese di torture, dolorose e umilianti. Semplicemente per estorcere all’imputato una dichiarazione di auto-colpevolezza e permettere al “federale” che aveva indotto l’intervento dei carabinieri di appropriarsi del gregge del padre di Carmelo. Come aveva fatto con altri. Ecco, questo è uno degli elementi del regime fascista troppo spesso ignorati, specie da testardi simpatizzanti ed ottusi nostalgici: durante il fascismo i potenti, i latifondisti e i malavitosi ebbero la possibilità di prosperare, specie al sud, in cambio dell’appoggio al regime. E ciò accadeva con ancora più evidenza nei piccoli “villaggi”.
Un partigiano e il suo ritorno alla faticosa normalità
Le torture e l’ingiustizia subita furono determinanti nella scelta di Carmelo, il 9 settembre 1943: in Jugoslavia ha scelto la divisione Garibaldi, entrando ufficialmente nella Formazione dei Partigiani. Si è finto morto in una fossa comune per sfuggire all’operazione di rastrellamento condotta dai nazisti in ritirata. Ed ha continuato a combattere per la causa, fino alla fine. Tornato a casa, poco o nulla è cambiato. Non gli viene riconosciuta la pensione apposita per non averla richiesta nei termini previsti dalla burocrazia. E si spacca la schiena, in campagna e sui cantieri, per portare avanti la famiglia. Finisce sepolto da una frana, proprio su un cantiere voluto da un «fascista mimetizzatosi democristiano », Cavaliere del Lavoro (riconoscimento che gli è stato conferito dal Re) che aveva commissionato la costruzione, in nero, di un muro di contenimento per edificare la sua casa in collina. Anche lì, Carmelo sopravvisse. Ma non conobbe la vecchiaia. Morì a causa dell’Alzheimer, un male che prima di tutto ti cancella la memoria.