Fausto Gullo. Un comunista nella storia d’Italia, è il suggestivo titolo della monografia (Rubbettino editore, prefazione di Aldo Tortorella) che Giuseppe Pierino, socio dell’ICSAIC, ha dedicato al “ministro dei contadini”, secondo la definizione più nota del personaggio. Suggestivo il titolo, ma soprattutto vero, perché colloca correttamente Fausto Gullo nella dimensione storica nazionale che gli spetta e sottolinea il suo essere stato un comunista, “senza se e senza ma”, come usa dire ai nostri giorni.
Oggi Gullo, che l’Autore studia da molti anni avendo già scritto su di lui alcuni saggi, è una figura abbastanza sconosciuta, ignota ai giovani, abbastanza dimenticata dai suoi contemporanei, ed è già soltanto per questo che l’opera di Pierino risulta meritoria. Il comunista della Presila è infatti all’origine, con ruoli da protagonista, sia dello “Stato nuovo” edificato, pur con limiti e contraddizioni, dopo la caduta del fascismo, sia del “Partito nuovo” proposto da Togliatti al rientro dall’Unione Sovietica, nel marzo del 1944. Fu suo, infatti, come sottolinea anche Tortorella nella robusta prefazione al volume, l’intervento decisivo che permise l’affermazione della contrastata linea della “svolta di Salerno”, in seguito alla quale Gullo sarebbe diventato l’unico ministro comunista con portafoglio, all’Agricoltura, nel secondo governo Badoglio e nel successivo governo Bonomi. Il ministro dei famosi decreti intitolati “Concessione ai contadini delle terre incolte”, concreto riformatore avversario del latifondo, il cui ritratto era affisso alle pareti delle case rurali, accanto alle immagini sacre.
Attraverso la figura di Gullo, Pierino ricostruisce i più importanti filoni della storia nazionale fin dall’adesione alla sinistra comunista di Bordiga che al giovane “giacobino” era apparsa più rivoluzionaria rispetto alla corrente “centrista” dell’Ordine Nuovo gramsciano. A questa aderì, però, poco prima del congresso di Lione del 1926, che segnò la sconfitta e l’emarginazione dei bordighiani.
Di grande interesse le pagine che Pierino scrive sul meridionalismo di Gullo, congiunto innanzitutto alla difesa dell’unità nazionale, secondo la migliore tradizione meridionalistica, e quindi alla battaglia antiregionalista nell’Assemblea Costituente che alla luce delle gravi degenerazioni del regionalismo italiano, antiche ormai ma venute alla ribalta con la pandemia, risulta per certi aspetti lungimirante.
L’altro pilastro del suo impegno politico e intellettuale è stato l’ispirazione laica che Pierino scandaglia in tutta la sua complessità , sia in relazione ai rapporti con la Democrazia Cristiana del criticatissimo De Gasperi, sia di fronte all’incipiente linea del compromesso storico che Berlinguer formulò nel 1973, un anno prima della morte che colse Gullo nella sua Macchia di Spezzano Piccolo.
Nel centenario della nascita del Partito Comunista d’Italia, poi Partito Comunista Italiano, il libro si colloca come un momento di riflessione importante su questa grande storia, qualunque sia il giudizio di merito che ognuno può legittimamente averne, che Pierino ha vissuto dall’interno, in spirito di servizio, con ruoli di primo piano nel Partito e nel Parlamento.
Paolo Palma