Si parlerà anche dei confinati calabresi nella due giorni di studio, l’1 e il 2 novembre prossimi, intitolata La colonia confinaria di Ponza: 1928-1939. Limiti e percorsi nella struttura urbanistica borbonica. Il convegno è organizzato dal Centro Studi e Documentazione Isole Ponziane insieme all’Istituto Campano per la Storia della Resistenza, dell’Antifascismo e dell’Età Contemporanea “Vera Lombardi” di Napoli, l’Archivio Storico e Centro Studi di Ventotene, Todo Modo Produzioni e la scuola dell’Isola.
La colonia confinaria di Ponza accolse, la sera del 29 luglio 1928, i primi confinati politici provenienti da Ustica. Il primo calabrese ad arrivare, qualche giorno dopo, fu Fortunato (Natino) La Camera. Il comunista cosentino denunciò le brutali violenze inferte ai confinati dai militi del centurione Memmi e per questo subì anch’egli minacce e bastonate.
Seguirono altri antifascisti calabresi, una trentina in tutto, e di essi qualcosa è rimasto nell’isola. Pensiamo all’attività dell’anarchico reggino Bruno Misèfari che da ingegnere revisionò il progetto della scuola elementare dell’isola e rifece parte delle fognature e della pavimentazione dello storico corso Principe di Napoli, costruito nel ‘700.
Ma pensiamo anche al muratore Giacomo Bottino, che con l’anarchico Umberto Tommasini lavorò una settimana al cimitero dell’isola per dare una tomba dignitosa al compagno di fede Roberto Conti, morto l’anno precedente a causa delle bastonature ricevute.
Per i confinati politici calabresi la destinazione dell’isola di Ponza era considerata forse la peggiore viste le difficili condizioni dei trasporti tra la Calabria e Napoli e Gaeta, i porti da cui partivano i piroscafi che collegavano l’isola alla terraferma. L’ultimo calabrese che passò per Ponza fu il manovale Egisto Scarselli, che con la chiusura della colonia confinaria fu trasferito alle Tremiti.
Rosanna Conte
Presidente del Centro Studi e Documentazione Isole Ponziane