Soprattutto durante il fascismo, quando il pugno di ferro del regime, dopo le “leggi fasciatissime”, trovò nel vecchio istituto del confino di polizia, “ripreso, ampliato e perfezionato”, lo strumento di coercizione più potente – come documentato nel volume “Regione di confino” curato da Ferdinando Cordova e Pantaleone Sergi – la Calabria fu scelta come sede per inviarvi gli oppositori del regime. Di un aspetto particolare di questi strumento di privazione della libertà da parte del fascismo, si è parlato sabato 7 aprile 2018 nella Sala Museo Arte contadina di Longobucco con la presentazione del volume Confinati di Ernesto Borromeo, pubblicato da Falco editore di Cosenza. All’iniziativa, patrocinata dal Comune di Longobucco e dall’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, ha partecipato un pubblico numeroso e attento. Dopo i saluti del sindaco Giovanni Pirillo, sono seguiti i puntuali interventi di don Pino De Simone, Vicario episcopale per la cultura e l’ecumenismo, del professore Giuseppe Ferraro del comitato scientifico dell’Icsaic, il quale da anni si occupa dell’argomento con diverse pubblicazioni, e dell’editore Michele Falco. L’autore ha concluso la manifestazione spiegando la genesi e i risultati della sua ricerca che costituisce, di sicuro, un tassello inedito nella bibliografia già esistente sull’argomento, avendo utilizzato prevalentemente fonti orali.
IL VOLUME
Il volume di Ernesto Borromeo – laureato in Scienze Politiche presso l’Università di Napoli “Federico II” – tratta la vicenda storica dei confinati etiopi in Calabria e in altre località di confino in Italia.
Circa 377 persone, quasi tutti appartenenti alla classe dirigen te amhara, la nobiltà etiope, dal 1937 al 1943 vissero con i loro familiari in diverse località di confino della penisola: Lipari, Ponza, Longobucco, Mercogliano, Torre del Greco, Ti voli, e nelle città di Pa lermo, Roma e Torino. In seguito all’attentato al ma resciallo Graziani, avvenuto in Addis Abeba la mattina del 19 febbraio 1937, essi vennero arre stati e tradotti in Italia a bordo dei piroscafi “Colombo”, “To scana”, ” Sardegna” e “Aqui lea”. Colpisce la lunga odissea di ras Immirù Haileselassiè, il più valoroso e geniale di tutti i gene rali etiopi, governatore del Gog giam. Altro confinato eccelente era il deggiac Mangascià Ubie, ex ambasciatore a Roma, gover natore dell’Uollega Occidentale, confinato anch’egli a Longobuc co, ove ebbe un figlio naturale da una donna del luogo; la storia del ragazzo costituisce quasi un romanzo a parte, ben descritto e documentato dalle testimonian ze orali. Molti infine, erano i fa miliari dei confinati che vollero seguire i loro congiunti in Italia, per condividere i disagi dovuti, non solo al cambiamento di cli ma, ma soprattutto alle notevoli differenze di lingua, mentalità , tradizioni e costumi. È insom ma una vicenda che non è mai stata trattata dagli storici, (se si fa eccezione per qualche saggio, articolo, o conferenze) impegna ti nel descrivere i più importanti avvenimenti bellici del conflitto italo- etiopico. Il presente lavoro vuole essere an che la rivalutazione del sentimen to umano che riaffiora quando si ha a dispo sizione una straordinaria fonte, quella delle testimonianze orali.